Trustee ancora senza vigilanza
Sono necessari chiarimenti ufficiali in ordine ai trust il cui trustee non è una società regolata. In Italia si tratta probabilmente della maggioranza. Questo dipende dal fatto che il legislatore italiano non ha mai dato attuazione alle direttive antiriciclaggio le quali impongono ai Paesi membri di riservare i servizi di trust a società autorizzate e dotate di particolari requisiti di competenza e onorabilità (si veda l’articolo 36 della direttiva 2005/60/Ce e l’articolo47 della direttiva (Ue) 2015/849).
Il decreto 28 dicembre 2015 definisce le istituzioni finanziarie italiane tenuta alla comunicazione elencando una serie di soggetti vigilati (banche, Srg, Sim, assicurazioni, fiduciarie e così via) con una norma di chiusura che comprende “qualunque altra istituzione finanziaria italiana” che presenti alcuni requisiti. Ciò è coerente con quanto descritto dal commentario Ocse (sezione VIII, paragrafo 7) il quale sembra dare per scontato, sia pure ammettendo eccezioni, che siano istituzioni finanziarie le entità soggette a regolamentazione e supervisione.
Inoltre la legge italiana si riferisce sempre ad istituzioni finanziarie che svolgono attività “per conto” di terzi (o “per un cliente”, o “per conto di un cliente”). Un trustee, nell’adempiere al suo ufficio non agisce per conto di terzi, bensì in proprio anche se nell’interesse di terzi.
Trust company non vigilate
In questo quadro non è chiaro se le trust company non vigilate (escluse quindi le società fiduciarie, che sono da sempre vigilate e infatti sono incluse espressamente nell’elenco delle If) siano da considerare istituzioni finanziarie tenute alla comunicazione, oppure no. Su un piano logico sistematico non pare dubbio che esse dovrebbero essere tenute alla comunicazione e sarebbe del tutto irrazionale che alcuni trustee (le fiduciarie) siano tenuti all’adempimento, mentre altri, che svolgono esattamente la stessa attività, siano esonerati.
L’analisi testuale delle norme, anche in altre lingue, può condurre però al risultato opposto.
Una ragione in più perché il legislatore esca finalmente dalla propria colpevole inerzia e metta mano alla regolamentazione di un settore che ha ormai raggiunto dimensioni significative e potrà avere ulteriore impulso dalla recente legge del «dopo di noi» (112/2016).