Adempimenti

Una chance per sterilizzare i prelievi dello scorso anno

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di Paolo Meneghetti

La normativa Ace è stata molto sollecitata dal legislatore negli ultimi tempi. Oltre alle modifiche introdotte dalla manovrina (Dl 50/2017), ora in fase di conversione, che saranno applicate nel modello dichiarativo 2018 e che influenzano il calcolo dell’acconto per il 2017, occorre tener conto della concreta applicazione delle novità introdotte dalla legge di Bilancio 2017 (legge 232/2016) per i soggetti Irpef, novità che avranno immediata applicazione già dal modello Redditi 2017 che i contribuenti si apprestano a compilare.

Tra i vari dubbi degli operatori, uno è particolarmente significativo: si tratta delle ricadute dei prelevamenti eseguiti nel 2016 in presenza di patrimonio netto capiente rispetto alla base Ace. Ma andiamo con ordine.

Il primo elemento da sottolineare è la regola, da sempre esistente per tutti i soggetti Ace, secondo cui la base di calcolo dell’agevolazione non può essere superiore al patrimonio netto esistente al termine di ciascun periodo d’imposta, ex articolo 11 del Dm del 14 marzo 2012.

Questa regola è certamente applicabile anche ai soggetti Irpef e non è stata variata dalle nuove norme della legge di Bilancio 2017, dalle quali sembra potersi ritrarre che la il calcolo complessivo della base Ace viene eseguito sommando due addendi:

incremento storico del patrimonio netto;

operazioni rilevanti eseguite dal 2016.

Ora il punto è capire se si tratta di due addendi da calcolare separatamente oppure ci si deve comportare come nel mondo Ires, in cui vi è un unico calcolo tra gli incrementi e i decrementi di capitale proprio assunti globalmente tra il 2011 ed il 2016.

L’ipotesi che si ritiene più convincente è che per i soggetti Irpef i due addendi della base Ace vengano calcolati separatamente tra loro senza eseguire una somma algebrica. Se così non fosse, un eventuale dato negativo di patrimonio netto tra il 2011 e il 2015 dovrebbe decurtare l’eventuale incremento verificatosi nel 2016, e questa conclusione è ritenuta non corretta da tutti i commentatori.

Se il calcolo tra i due addendi della base Ace deve essere eseguito separatamente, allora si pone legittimamente il dubbio che un decremento del 2016 (per prelevamento dei soci, ad esempio) non modifichi l’eventuale incremento del patrimonio netto verificatosi tra 2011 e 2015.

È chiaro che la tesi più semplice e più prudente è che qualunque prelevamento eseguito dai soci di società di persone nel 2016 riduce la base complessiva così come avviene per le società di capitali. Ma si può anche sostenere che la riduzione di base Ace per prelevamenti dei soci è certa con riferimento agli incrementi che si siano verificati a partire dal 2016, ma non con riferimento all’incremento storico 2011-2015. Anche sotto il profilo letterale non si vede come una operazione eseguita nel 2016 (prelevamento) possa modificare la base “storica” cioè l’incremento 2011-2015.

Se questo approccio fosse corretto, allora si potrebbe dire che fino a capienza del patrimonio netto 2010, i prelevamenti eseguiti nel 2016 non riducono la base Ace poiché in tal caso il patrimonio netto finale al 31 dicembre 2016 risulta superiore alla base Ace.

Ovviamente se si prelevasse più del patrimonio netto esistente al 2010, dovremmo decurtare la base Ace, non tanto perché si modifica l’incremento 2011-2015, ma perché il patrimonio netto al 31 dicembre 2016 sarebbe inferiore alla base Ace, e questo elemento comporterebbe la riduzione della base Ace stessa, come del resto segnalato poc’anzi.

Il punto è delicato e si presta a diverse interpretazioni per cui è auspicabile che l’agenzia delle Entrate intervenga per dare sicurezza agli operatori sulle corrette modalità di calcolo.

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