Quattro mesi senza fallimenti e insolvenze
Crisi d’impresa: dal 9 marzo al 30 giugno improcedibili le istanze e i ricorsi
Una finestra di 4 mesi (quasi) fallimenti free. È questa una delle conseguenze più significative delle misure d’urgenza prese, in materia di crisi d’impresa, con il decreto legge approvato lunedì sera dal consiglio dei ministri. A venire messo nero su bianco, infatti, è un periodo che va dallo scorso 9 marzo al prossimo 30 giugno nel quale tutti i ricorsi finalizzati alla dichiarazione di fallimento e gli accertamenti giudiziari dello stato di insolvenza sono improcedibili.
Con un’unica eccezione, limitata ai casi in cui il ricorso è stato presentato dal pubblico ministero ed è accompagnato dalla richiesta di provvedimenti cautelari a tutela del patrimonio o dell’impresa. Evidente l’obiettivo della misura: sui vuole evitare di avvantaggiare condotte di rilevante dissipazione di rilevanza anche penale a danno dei creditori, compromettendo anche le esigenze di repressione dei casi più gravi.
Con l’improcedibilità, invece, si intende alleggerire la pressione sugli imprenditori che potrebbero essere bersagliati da una serie di istanze di fallimenti avanzate da terzi e, nello stesso tempo, evitare di metterli nella condizione di dovere presentare domanda di fallimento in proprio (l’improcedibilità si applica anche a questo caso) in un contesto in cui lo stato di insolvenza può essere ampiamente da addebitare a fattori straordinari. Tra l’altro, il rischio sarebbe anche quello di una dispersione del patrimonio produttivo senza un effettivo beneficio a vantaggio dei creditori. La liquidazione dei beni infatti rischierebbe di avvenire in un mercato certo alterato e dal funzionamento anormale. C’è poi un tema di sostenibilità da parte degli uffici giudiziari di un flusso assai importante di ricorsi, in un momento in cui il rinvio delle udienze non urgenti è via via stato esteso, da ultimo sino alla metà di maggio proprio con il decreto legge dell’altra sera.
Il blocco in ogni caso avrà durata temporanea, trascorsa la quale le istanze potranno tornare a essere presentate, e riguarda un’ampia categoria di imprese, anche tutte quelle grandi, ma di dimensioni tali da non potere comunque avere accesso al «Decreto Marzano».
Per non compromettere però la tutela della parità di condizioni tra i creditori, si prevede che i 4 mesi di “ferma” dei fallimenti sono sterilizzati nel conteggio dell’anno decorrente dalla cancellazione del Registro imprese e per il conteggio dei termini utili per la presentazione delle revocatorie.
Resta sullo sfondo comunque un’altra misura di cui molto si è discusso nei giorni scorsi, quella di un blocco di 90 giorni delle azioni esecutive individuali, obiettivo da raggiungere anche attraverso un meccanismo di autodichiarazione da parte dell’imprenditore disposto a pagare comunque cospicui interessi di mora. Una sorta di automatic stay concesso per legge e per un breve periodo, in assenza del quale, per alcuni, la conseguenza sarà quella di un’esplosione dei concordati in bianco che l’automatic stay appunto prevedono.