Imposte

Uso indebito oltre i 50mila euro

Escluse conseguenze penali, invece, sui terzi che ricevono in buona fede il credito

di Laura Ambrosi

Le ulteriori conseguenze penali che potrebbero verificarsi nei casi di illecita fruizione del bonus concernono il reato di indebita compensazione di crediti inesistenti, se l’importo compensato supera i 50mila euro.

Infatti, se viene utilizzato un credito di imposta insistente superiore si rischia anche il reato previsto dall’articolo 10-quater, comma 2 del Dlgs 74/2000 oltre che, in caso, la falsa fatturazione. Per l’indebita compensazione è prevista la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni.

Se il soggetto fruitore della compensazione è estraneo all’illecito non vi è alcuna conseguenza penale. È il caso dei terzi, differenti dalla ditta costruttrice o dal cliente che ha eseguito le opere su propri immobili, che hanno ricevuto in buona fede il credito. Per l’eventuale concorso nel reato occorrerebbe, infatti, la consapevolezza o la partecipazione volontaria all’illecito.

Inoltre l’operazione oggettivamente o soggettivamente inesistente potrebbe essere idonea a integrare l’artifizio previsto per l’eventuale contestazione della truffa aggravata ai danni dello Stato, stante le false fatturazioni.

Al riguardo la giurisprudenza di legittimità, dopo un intervento chiarificatore delle Sezioni unite (1235/2011), è consolidata nel ritenere i delitti tributari speciali rispetto alla truffa aggravata con conseguente esclusione del concorso tra le fattispecie. Fa eccezione il caso in cui l’attività frodatoria risulti diretta per scopi ulteriori, non esaurendosi nell’ambito delle disposizioni penali tributarie, con conseguente concorso delle diverse finalità compresenti nell’azione criminosa (Cassazione 12872/2016). Nel caso del superbonus, si tende a escludere la sussistenza della truffa, essendo abbastanza palese il fine di evadere le imposte (o più precisamente di conseguire un indebito credito di imposta).

In ogni caso, è auspicabile che le contestazioni penali da parte dei verificatori siano valutate con la massima prudenza, escludendo a priori automatismi e presunzioni. Si pensi, ad esempio, a possibili ricostruzioni presuntive sulla quantificazione del valore dei lavori eseguiti che potrebbero condurre alla contestazione di sovrafatturazioni. In passato, non di rado (ad esempio, per il bonus ricerca e sviluppo) sono stati disconosciuti crediti, con le ovvie conseguenze penali, semplicemente a fronte di tesi più o meno astratte.

Se è pur vero che in sede processuale l’interessato ha modo di far valere le proprie ragioni, è altrettanto vero che il contribuente deve affrontare un giudizio (e i relativi costi). Per di più, simili contestazioni hanno anche un gravoso risvolto tributario (sanzione dal 100 al 200% del credito).

Vista la finalità del legislatore di incentivare la ripresa economica, vi è da sperare che l’utilizzo dei bonus non si trasformi, in frequenti contestazioni fondate solo su presunzioni prive di concreti indizi e riscontri di fraudolenza.

Fermo restando che gli abusi debbano essere puntualmente perseguiti, sarebbe auspicabile che gli ispettori partano dal presupposto che non necessariamente il contribuente (impresa o privato che sia) abbia commesso degli illeciti, ma che semplicemente ha tentato, utilizzando anche tale agevolazione, di avviare la propria ripresa economica.

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