Controlli e liti

Usufrutto, bocciati gli atti unilaterali

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di Angelo Busani

Il diritto di usufrutto su un bene immobile non può ritenersi costituito mediante un atto unilaterale del proprietario, che riconosca l’altrui diritto di usufrutto, poiché, per costituire un diritto di usufrutto per atto tra vivi, occorre stipulare un apposito contratto in forma scritta.

Tale atto unilaterale non può essere interpretato come un “contratto con obbligazioni del solo proponente” (che è un contratto a formazione unilaterale, disciplinato dall’articolo 1333 del Codice civile) in quanto, mediante detta figura contrattuale, non è possibile originare situazioni giuridiche (come il diritto di usufrutto) che possano produrre svantaggi al soggetto il quale si trova a essere parte del contratto senza aver espresso un’accettazione rispetto alla proposta ricevuta.

È questa, in sintesi, la decisione assunta dalla Cassazione nella sentenza n. 15997 del 18 giugno 2018, che ha una notevole rilevanza perché interviene su una questione di quotidiana emergenza nella prassi professionale e che, se mal gestita (come è stata evidentemente mal gestita la vicenda giunta all’esame della Cassazione), procura un esito contrario rispetto ai vantaggi che invece si sperava di conseguire.

Questo concetto diviene chiaro non appena si ponga mente al fatto giudicato in Cassazione: Tizio compra una casa e, con una scrittura unilaterale, riconosce che Caio (in quanto questi ha contribuito economicamente all’acquisto di Tizio) ha il diritto di usufrutto della casa in questione. Tizio e Caio poi litigano sull’esistenza, o meno, dell’usufrutto e, quindi, tocca alfine a un giudice sentenziare se un diritto di usufrutto si sia, o meno, originato. Ebbene, dopo che nei primi due gradi di giudizio (Tribunale di Pescara e Corte d’appello dell’Aquila) era stato ritenuto che la scrittura unilaterale sopra descritta aveva in effetti originato un diritto di usufrutto, la Cassazione nega decisamente questa ricostruzione.

Posto che il diritto di usufrutto si può costituire (usucapione a parte) solo mediante testamento o mediante contratto (compravendita o donazione) e tralasciando il caso della donazione dell’usufrutto, per la cui validità occorre la stipula con atto pubblico in presenza di due testimoni, il contratto che origina l’usufrutto deve essere in forma scritta e deve essere stipulato con la partecipazione sia del soggetto che concede l’usufrutto sia del soggetto che acquista l’usufrutto.

Ebbene, per costituire l’usufrutto non può pensarsi – secondo la Cassazione – all’utilizzo della forma contrattuale nota come “contratto con obbligazioni del solo proponente”, il quale si conclude (non – come accade per ogni altro contratto – con l’accettazione di una proposta contrattuale, ma) per la sola ragione che il destinatario della proposta contrattuale non la rifiuti entro un dato termine (articolo 1333 del Codice civile). E ciò in base all’idea (Cassazione 5748/1987) che se il destinatario della proposta riceve solo vantaggi dal fatto che la proposta contrattuale evolva in un contratto, è presumibile ritenere che il suo silenzio valga come accettazione.

Ebbene, è vero che mediante il contratto con obbligazioni a carico del solo proponente si possono realizzare anche effetti traslativi. Ma – ammonisce la Cassazione – si deve trattare di attribuzioni «che non comportino alcun onere od obbligo a carico del beneficiario. La presenza di un pregiudizio anche solo potenziale (si pensi agli oneri di custodia, gestione e tributari che gravano sul proprietario o sull’usufruttuario) impone la necessaria accettazione del destinatario» della proposta.

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