Controlli e liti

Utili black list alla prova dell’interpello facoltativo

di Alberto Brazzalotto e Filippo Maisto

La tassazione integrale degli utili distribuiti da società residenti in Stati a regime fiscale privilegiato può essere evitata fornendo la prova della cosiddetta “seconda esimente” di cui all’articolo 167, comma 5, lettera b) del Tuir. Sino al 2014 la predetta esimente poteva essere invocata mediante la presentazione di specifica istanza di interpello, mentre a partire dal 2015 il decreto Internazionalizzazione, modificando l’articolo 47, comma 4 del Tuir, ha reso facoltativa l’istanza, introducendo al contempo l’obbligo di indicare in dichiarazione la percezione di dividendi black per i quali si è fatta valere autonomamente la sussistenza della seconda esimente.

La disapplicazione autonoma della disciplina dei dividendi black presenta tuttavia alcune criticità laddove gli utili siano percepiti da persone fisiche non imprenditori in relazione a partecipazioni non qualificate in società non quotate. Infatti, l’articolo 27, comma 4, lettera b) del Dpr 600/1973 – come recentemente modificato dal decreto Internazionalizzazione con una formulazione non particolarmente chiara – continua a prevedere l’applicazione della ritenuta a titolo d’imposta del 26% solamente nell’ipotesi in cui sia stato rilasciato parere favorevole dall’agenzia delle Entrate a seguito di apposita istanza di interpello. L’intermediario è tenuto pertanto ad operare la ritenuta del 26% a titolo d’acconto, anche laddove il contribuente intenda disapplicare autonomamente il regime dei dividendi black. Stante la natura d’acconto della predetta ritenuta, il contribuente si troverebbe nell’impossibilità di invocare l’applicazione dell’articolo 3, comma 3 del Tuir al fine di evitare una ulteriore tassazione del dividendo in dichiarazione, in quanto tale ultima disposizione esclude dalla base imponibile Irpef esclusivamente i redditi soggetti a ritenuta a titolo di imposta. Parimenti, in caso di dividendi black riscossi senza l’intervento di intermediari, non sarebbe possibile invocare l’applicazione del regime di imposizione sostitutiva del 26% recato dall’articolo 18, comma 1 del Tuir, in quanto applicabile esclusivamente ai redditi di capitale che sarebbero soggetti a ritenuta a titolo d’imposta ove riscossi per il tramite di intermediari residenti.

Alla luce di tale quadro normativo, il modello Unico Pf 2016 sembrerebbe prevedere la tassazione integrale dei dividendi black relativi a partecipazioni non qualificate in tutti i casi in cui non si sia ottenuta una risposta positiva ad istanza di interpello (né il quadro RL né il quadro RM prevedono per le partecipazioni non qualificate un codice specifico per segnalare la disapplicazione autonoma da parte del socio della tassazione integrale in assenza di una risposta positiva ad istanza di interpello).

Questa interpretazione si scontra tuttavia con il dato normativo dell’articolo 47, comma 4 del Tuir, che si applica indistintamente alle partecipazioni qualificate e non qualificate e sancisce espressamente la possibilità di disapplicare autonomamente il regime di tassazione integrale. A ben vedere, un’applicazione puntuale del predetto articolo dovrebbe consentire al socio detentore di una partecipazione non qualificata di disapplicare autonomamente il regime di integrale imposizione recato dalla medesima disposizione, tassando il dividendo ai sensi di quanto previsto dall’articolo 47, comma 1 del Tuir in base al quale gli utili concorrono alla formazione del reddito nella misura del 49,72%. Si tratterebbe di un effetto non del tutto nuovo nel nostro ordinamento, se si pone mente all’ipotesi dei dividendi relativi a partecipazioni non qualificate percepiti da società semplici, che – per effetto dell’assenza di obblighi sostitutivi da parte degli intermediari residenti – sono assoggettati ad imposizione nella misura del 49,72% alla stregua dei dividendi relativi a partecipazioni qualificate.

Resta fermo che dal punto di vista sistematico la soluzione più ragionevole sarebbe quella di chiarire, in via normativa od interpretativa, che la ritenuta a titolo d’imposta del 26% prevista dall’articolo 27, comma 4 del Dpr 600/1973 si rende applicabile anche ove il contribuente intenda disapplicare autonomamente il regime della tassazione integrale ritenendo soddisfatta la esimente di cui al comma 5, lettera b) dell’articolo 167 del Tuir.

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