Controlli e liti

Vendita dell’ex colonia comunale con imposta di registro e non Iva

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di Angelo Busani

È soggetta a imposta di registro e non a Iva la vendita da parte di un Comune di un edificio che, seppur non funzionale alla «sfera istituzionale» dell’attività comunale, è rimasto da anni inutilizzato e, nel lontano passato, adibito a colonia marina, dapprima gestita dal Comune stesso e poi da una società privata cui il Comune aveva demandato la gestione della colonia.

Lo ha deciso la Corte di cassazione nella sentenza n. 16534 depositata ieri, nella quale si è rilevato che non basta, per l’assoggettamento a Iva della alienazione di un bene comunale, che si tratti della cessione di un cespite appartenente alla «sfera commerciale» del Comune, ma occorre anche che l’attività commerciale sia in atto al momento della cessione dell’immobile oppure che si tratti di una cessione che avviene nella fase di «liquidazione» dell’attività commerciale che il Comune abbia svolto.

Non ricorrono dunque queste caratteristiche se, da anni, l’attività commerciale sia cessata: nella specie, la cessione dell’immobile venne stipulata nel 2007; la colonia marina venne esercitata dal Comune dal 1962 al 1997; dal 1998 al 2001 la colonia venne affidata in gestione a una cooperativa; dal 2002 la colonia rimase inutilizzata, tanto che nel 2006 il Comune ne bandì la vendita.

Secondo la Cassazione, l’atto di cessione effettuato dal Comune non è qualificabile come alienazione di un cespite utilizzato per lo svolgimento di attività commerciale, bensì come mero atto di disposizione del patrimonio immobiliare disponibile da parte del Comune: non è stato ritenuto sostenibile, infatti, che la cessione dell’immobile in questione fosse riconducibile a un’attività di commercio svolta dal Comune, poiché questa presuppone pur sempre l’esercizio abituale e professionale di un’impresa, evidentemente mancante nel caso giunto all’esame del giudice di legittimità, proprio perché la gestione della colonia marina (attività senz’altro commerciale) non era tuttavia sicuramente più attuale sin dal 2001: dunque, non poteva qualificarsi come inerente all’esercizio dell’impresa, in quanto non si trattava di operazione comportante lo sfruttamento del bene immobile per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità.

Né, nel caso giunto a giudizio con la sentenza 16534/2017, è stato ravvisabile un atto di cessione qualificabile come rientrante nell’ambito di una fase di liquidazione dell’attività commerciale precedentemente svolta dal Comune, posto che la liquidazione è bensì una fase della cessazione dell’attività, ma non dopo che, come nel caso specifico, il Comune abbia cessato nel 1998 l’esercizio diretto della sua attività d’impresa per poi affidare in concessione l’immobile a terzi dal 1998 e fino al 2001. In sostanza, cedendo l’immobile in questione il Comune ha compiuto bensì un atto di alienazione di un cespite «non istituzionale», ma nemmeno ha realizzato la cessione di un bene «commerciale»: trattandosi “solamente” di un atto di disposizione del proprio patrimonio immobiliare, l’Iva non si rende applicabile per carenza dei suoi presupposti e, quindi, è inevitabile l’assoggettamento a imposta di registro.

Cassazione, sezione tributaria, sentenza 16534 del 5 luglio 2017

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