Professione

Welfare aziendale per regolamento a deducibilità totale

di Giovanni Renella

Il regolamento aziendale che configuri l’adempimento di un obbligo negoziale non può essere assimilato a un’erogazione volontaria, anche se predisposto unilateralmente dal datore di lavoro purché non sia “revocabile” o modificabile ad nutum o in relazione all’evoluzione normativa. È questa, in buona sintesi, la posizione espressa da Assonime nella circolare 15 del 27 giugno in merito alla deducibilità dei benefit erogati in base alle lettere da f a f-quater dell’articolo 51, comma 2, del Tuir in osservanza di un «regolamento aziendale che configuri l’adempimento di un obbligo negoziale».

In particolare il dubbio, che nasce dall’esame delle circolari 28/E/2016 e 5/E/2018 dell’agenzia delle Entrate in tema di welfare aziendale, è se tali benefit debbano essere assimilati a quelli erogati volontariamente (per cui ai fini Ires trova applicazione una deducibilità limitata al 5 per mille del costo del lavoro - articolo 100, comma 1, del Tuir) oppure ricompresi nella più ampia categoria dei benefit corrisposti in adempimento di un obbligo posto a carico del datore (per cui si ha una deducibilità integrale - articolo 95 del Tuir).

Al riguardo Assonime – tenuto anche conto che la circolare 5/E/2018 commentando la norma di interpretazione autentica (articolo 1, comma 162, della legge 232/2016) – ha espressamente richiamato il paragrafo 2.1 della circolare 28/E/2016, in cui il regolamento configurante l’adempimento di un obbligo negoziale era stato espressamente assimilato al contratto, esclude che lo stesso possa essere assimilato a un’erogazione volontaria e pertanto ritiene che i relativi costi debbano essere integralmente deducibili ai fini Ires.

Assonime ha altresì esaminato l’ulteriore questione dibattuta in tema di regolamento aziendale e cioè se la fonte dell’obbligazione debba o meno essere rinvenuta nell’obbligo negoziale posto “a monte” ovvero nel regolamento attuativo posto “a valle”, come nel caso di un’obbligazione che discende da un regolamento meramente “attuativo” di un contratto collettivo.

Per l’associazione, tenendo conto anche delle indicazioni contenute in alcune risposte a interpelli fornite prevalentemente dalle direzioni regionali delle Entrate (per esempio la numero 954–1417/2016), l’integrale deducibilità dei costi deve essere esclusa in presenza di un regolamento avente carattere “elusivo” che persegue la sola finalità di accedere a un regime fiscale più favorevole. Diversamente, ritiene idonei a garantire l’integrale deducibilità dei costi sia i “piani welfare” erogati sulla base di un regolamento aziendale “attuativo” di un accordo collettivo, sia quelli erogati sulla base di un regolamento aziendale unilateralmente predisposto dal datore di lavoro, purché lo vincoli effettivamente a riconoscere un diritto a favore del dipendente.

Tale ultima interpretazione trova conferma in una risposta a un interpello (913-807/2017) in cui l’Agenzia ha escluso la natura obbligatoria dell’erogazione qualora il datore si riservi la possibilità di apportare variazioni, integrazioni o modifiche in corso di validità del piano alla luce di possibili evoluzioni della normativa.

Pertanto, secondo l’associazione occorre verificare se si è in presenza di un regolamento aziendale non “revocabile” o modificabile dal datore di lavoro ad nutum o in relazione all’evoluzione normativa, ovvero di un regolamento liberamente modificabile dal datore di lavoro. Nel primo caso i costi sono integralmente deducibili dal reddito d’impresa, mentre nel secondo sono deducibili in misura limitata in quanto il regolamento è assimilabile a un atto volontario.

Considerata la crescente diffusione di piani di welfare adottati dai datori di lavoro, anche con finalità premiali, si auspica al riguardo un intervento chiarificatore delle Entrate.

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