Imposte

Imposta sulle successioni, strada in salita sull’esenzione per il trasferimento di quote in holding

Resta aperta la questione se la verifica del requisito del controllo debba essere eseguita solo sulla controllata di primo livello o su tutte le controllate direttamente o indirettamente partecipate

FF

di Federico Cocchi e Davide Greco

Può il trasferimento di partecipazioni in holding industriali beneficiarie del favorevole regime di esenzione previsto dall’articolo 3, comma 4-ter, del Testo unico successioni attraverso il quale il legislatore fiscale, al fine di preservare la continuità delle imprese in sede di passaggio generazionale, ha previsto un regime di neutralità nei trasferimenti intra familiari di aziende ovvero partecipazioni societarie?

A questa domanda, in primissima approssimazione, si dovrebbe rispondere affermativamente. L’articolo 3, infatti, identifica quale oggetto dell'agevolazione «i trasferimenti, effettuati anche tramite i patti di famiglia (…) a favore dei discendenti, e del coniuge di aziende o rami di esse, di quote sociali e di azioni» e successivamente che «in caso di quote sociali e azioni di soggetti di cui all'articolo 73, comma 1, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi (…), il beneficio spetta limitatamente alle partecipazioni mediante le quali è acquistato o integrato il controllo ai sensi dell'articolo 2359, primo comma, numero 1), del codice civile».

Nulla viene detto circa l'attività svolta dalla società ovvero circa il fatto che si tratti o meno di una holding.Tuttavia, il tema del passaggio generazionale delle quote detenute in holding industriali è “salito alla ribalta” a seguito delle recenti conclusioni raggiunte dagli Uffici dell'Amministrazione finanziaria, con la risposta n. 552 del 25 agosto 2021. In tale occasione, l’Agenzia negava l'agevolazione del passaggio in esenzione delle quote detenute in holding di partecipazione in quanto non erano state raggiunte le soglie di controllo (seppur indirettamente) lungo tutta la catena partecipativa.

Gli Uffici dell’Amministrazione finanziaria, infatti, nell'analizzare una sofisticata operazione di riorganizzazione societaria, hanno disconosciuto l'applicazione dell'esenzione di cui al già citato articolo 3 nel caso di trasferimento di quote in una holding (industriale), ritenendo che:

1.il presupposto dell'agevolazione – ovvero il passaggio generazionale di un'azienda di famiglia – non fosse autonomamente rispettato trattandosi di una società il cui unico asset era costituito da una partecipazione e pertanto priva “dell'azienda” da tramandare;

2. si debba applicare, anche in materia di imposta sulle successioni e donazioni, il meccanismo della demoltiplicazione al fine di accertare il requisito del controllo di maggioranza nelle società operative partecipate (titolari “dell'azienda”), a nulla rilevando il controllo della società Holding.

L'Agenzia sembra ritenere che l'attività svolta dalle holding industriali – assunzione in via esclusiva o prevalente di partecipazioni in soggetti diversi dagli intermediari finanziari – non comporti lo svolgimento di alcuna attività d'impresa mancando, di fatto, “l'azienda”. Affermazione questa, estremamente pericolosa, poiché, qualora confermata, potrebbe potenzialmente “aprire le porte” ad altre “nobili” esclusioni, quali, a mero titolo esemplificativo, quella delle società immobiliari ovvero delle società semplici “cassaforte” o semplicemente alle società di comodo non operative.

Sul punto può essere utile indagare cosa abbia voluto intendere per azienda il legislatore fiscale, quando introdusse l'esenzione di cui all'articolo 3, comma 4-ter. Dall'analisi della scheda di lettura, Tomo I, numero 56/10, pubblicata dal servizio studi della Camera dei deputati in data 13 marzo 2007 non emerge, tuttavia, una chiara presa di posizione in ordine alla definizione di ciò che si sia voluto intendere con il termine “azienda”. È quindi plausibile ritenere che il Legislatore nell'individuazione dell'ambito oggettivo di applicazione della disposizione, non volesse limitarsi a prevedere l'esenzione per solo quelle aziende destinate all'esercizio di un'attività d'impresa di natura commerciale ai sensi dell'articolo 2195, del Codice civile. Storicamente, infatti, quando si è deciso di circoscrivere l'ambito oggettivo di applicazione di una norma alle sole attività di natura commerciale è stato esplicitamente previsto. Si veda l'esempio dell’applicazione del meccanismo di partecipation exemption ove tra i requisiti per poter usufruire dell'esenzione al 95 % è stato espressamente richiesto che la società partecipata eserciti un'impresa commerciale nell'accezione in base all'articolo 55, del Tuir.

Quest'ultima, definisce redditi d'impresa quelli che derivano dall'esercizio di imprese commerciali, intendendo per tali «l'esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività indicate nell'articolo 2195 del Codice civile (…)». Seguendo tale interpretazione sembrerebbe, quindi, che il tipo di attività d'impresa che il Legislatore intendesse agevolare fosse quella derivante dal combinato disposto tra l'articolo 2082 e 2555, del Codice civile, norme che definiscono il genus attività d'impresa e non, l'attività d'impresa commerciale che ne costituisce una species permettendo quindi di far rientrare anche l'azienda di una holding industriale nell'oggetto dell'esenzione.

Da ultimo, si segnala, che qualora venisse confermato l'orientamento espresso nella Risposta n. 552, e quindi si propendesse per la soluzione della demoltiplicazione, si potrebbe assistere all'emersione delle medesime questioni che originariamente sorsero in sede di applicazione dell'articolo 177, comma 2-bis, del Tuir in materia di scambio di partecipazioni. Uno dei dubbi posti inizialmente dagli operatori fu appunto quello di comprendere come interpretare la locuzione “tutti” presente nel testo della norma ai fini della verifica delle soglie di partecipazione. Ci si chiedeva infatti se fosse o meno necessario verificare la sussistenza dei requisiti in tutta la catena partecipativa ovvero fosse sufficiente che ciò sia provato per le sole controllate di primo livello.

Dubbi che vennero poi chiariti, con le risposte 57 e 238 del 2021 propendendo per una verifica estensiva su tutta la catena partecipativa.Ci si domanda quindi, se in sede di esenzione da imposta di successione e donazione, la verifica del requisito del controllo debba essere eseguita – applicando la demoltiplicazione - solo sulla controllata di primo livello ovvero anche in questo caso su tutte le controllate direttamente o indirettamente partecipate. In questo caso, tuttavia, non vi sarebbe nemmeno la limitazione alle partecipazioni immobilizzate ma si dovrebbe intendere qualsiasi partecipazione posseduta dalla società donata e dalle sub-holding comprese le partecipazioni iscritte nell'attivo circolante e detenute a solo scopo di investimento della liquidità. Parimenti non vi sarebbe alcuna espressa esclusione delle partecipazioni quotate il cui controllo legale è, di fatto, impossibile.Tale ragionamento, forzato, ha il solo scopo di comprendere come potrebbe evolvere l'orientamento amministrativo qualora venisse confermato l'indirizzo espresso nella risposta n. 552.

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