Controlli e liti

Affrancamento, niente ravvedimento per chi omette di pagare la prima rata

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di Giorgio Gavelli

Orientamenti favorevoli ai contribuenti, tranne che in caso di ritardi sul primo o unico versamento dell’imposta sostitutiva. Approssimandosi il termine per l’affrancamento (facoltativo) di valore dei terreni agricoli o edificabili e delle partecipazioni (qualificate e non, purché non quotate) possedute al di fuori del regime d’impresa, appare opportuno esaminare i più recenti principi della Cassazione. Essi riguardano gli aspetti più critici di questa opportunità che, da 17 anni, il legislatore reitera a singhiozzo, al punto che da più parti si è proposto di prevederla in forma stabile, eventualmente allargando il perimetro applicativo al recesso “tipico”, mentre ora è previsto solo quello “atipico”, caratterizzato dall’acquisto da parte degli altri soci.

L’originaria facoltà disciplinata dagli articoli 5 e 7 della legge 448/2001 è stata riproposta dall’articolo 1, commi 997 e 998, della legge 205/2017. La scadenza di versamento per la prima o unica rata della sostitutiva dell’8% è il 2 luglio, ed entro tale data deve essere asseverata anche la perizia giurata di stima per conto di persone fisiche, società semplici, associazioni professionali ed enti non commerciali. Negli anni si sono stratificati chiarimenti delle Entrate e pronunce della Cassazione, oltre all’articolo 7 del Dl 70/2011 che ha consentito, in occasione di una nuova perizia sul medesimo bene, di evitare la richiesta di rimborso sull’imposta oggetto di duplicazione e di procedere alla compensazione.

La Cassazione è stata “comprensiva” verso gli errori dei contribuenti, ad eccezione dell’ipotesi in cui vi sia un tardivo od omesso versamento della prima o unica rata. Se, infatti, le rate successive possono essere oggetto di ravvedimento operoso, la prima rata non è ravvedibile e il mancato rispetto dei termini inficia l’opportunità. Non si incorre in questa conseguenza, invece, né per il versamento integrale dell’imposta operato da uno solo dei comproprietari anche a favore degli altri, né per la perizia asseverata nei termini ma successivamente alla cessione del terreno (ipotesi nella quale la legge richiede che il valore periziato costituisca «valore minimo» ai fini dell’imposizione sulla cessione). In proposito, l’iniziale rigidità dell’Agenzia è stata ammorbidita per effetto delle pronunce della Cassazione (risoluzione n. 53/E/2015), anche se le Entrate ritengono che la stima, pur se asseverata successivamente, debba essere redatta prima dell’atto di cessione dell’area, obbligo che non sembra emergere con chiarezza dalle pronunce della Suprema Corte.

È oramai chiarito, invece, che il valore di perizia non obbliga il cedente a vendere “almeno” a tale corrispettivo, essendo possibile che la cessione avvenga a valori inferiori, senza rilievo fiscale per la minusvalenza ma anche senza che ciò determini, come preteso in passato dalle Entrate, una rinuncia all’affrancamento. Va, comunque, tenuto presente che il valore asseverato non costituisce un porto sicuro contro l’accertamento, potendo l’Agenzia procedere un accertamento di valore. Disco rosso, infine, al pentimento: secondo la Cassazione la rideterminazione del valore è una facoltà che può originare vantaggi o meno, ma è in ogni caso non ritrattabile, salva l’ipotesi di errore obiettivamente riconoscibile ed essenziale.

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