Controlli e liti

Espropriazioni: esecuzioni, il tetto guarda ai beni

di Antonio Iorio

La manovra correttiva ha apportato una novità sulle esecuzioni immobiliari, lasciando tuttavia qualche perplessità sulla corretta interpretazione della modifica. La norma (articolo 76 del Dpr 602/73, riformato dal Dl 69/2013) consente l’espropriazione immobiliare da parte dell’agente della riscossione a condizione che non si tratti dell’unico immobile di proprietà del debitore adibito a uso abitativo e nel quale risulti la residenza anagrafica del debitore. Fanno eccezione gli immobili con caratteristiche di lusso (decreto 2/08/1969) ovvero accatastati come A/8 e A/9, per i quali l’espropriazione è consentita a prescindere dal fatto che siano abitazione principale del contribuente. In tutte le altre ipotesi, l’espropriazione è possibile solo per crediti erariali superiori a 120mila euro e può essere avviata se è stata iscritta ipoteca e sono trascorsi almeno sei mesi senza che il debitore abbia pagato le somme dovute. La norma prevede poi che il concessionario non proceda all’espropriazione immobiliare se il valore del bene è inferiore a 120mila euro. La modifica contenuta nel Dl 50/2017 «sostituisce la locuzione «del bene» con «dei beni», con la conseguenza che il concessionario non potrà espropriare se il valore dei beni è inferiore a 120mila euro. Non è chiaro, tuttavia, se la valutazione dei beni per determinare il limite di 120mila debba essere operata sulla totalità delle proprietà del contribuente o solo sugli immobili da pignorare sui quali è stata iscritta l’ipoteca dall’agente della riscossione.

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