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Giustizia tributaria a rischio di paralisi con la riforma

di Domenico Chindemi

Lo schema di disegno di legge sulla giustizia tributaria, predisposto dalla apposita commissione mista Mef - Giustizia, prevede, come quasi unanimamente auspicato, il passaggio da una magistratura onoraria ad una professionale, sia pure gradualmente, nell'arco di sette anni.

Non vengono, invece, individuate efficaci misure per ridurre il preoccupante arretrato della Corte di cassazione se non il “brodino caldo” dell’istanza di prelievo, del tutto inutile per eliminare significativamente l’arretrato (in quanto nessuno rinuncerà al giudizio della Cassazione in mancanza di un qualche vantaggio economico). Inoltre la previsione del ricorso nell’interesse della legge da parte del Procuratore generale e il rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione da parte del giudice di merito, avrebbero effetti diluiti nel tempo (si parla di anni) e non risolutivi.

Sarebbe bastato prevedere, per chi rinuncia al ricorso in Cassazione, l’abbuono degli interessi e delle sanzioni, con una congrua rateazione, per ottenere nell’immediato una consistente riduzione dell’arretrato e un immediato incremento delle entrate dello Stato.

Per la giustizia di merito non è stata prevista neanche l’istituzione di una Scuola della magistratura tributaria per la formazione dei giudici.

La professionalità dei giudici non dipende solo dal tempo pieno (quale professionalità possono assicurare giudici appena assunti a tempo pieno, senza alcuna esperienza del processo e senza la previsione di una formazione iniziale).

Inoltre non esiste una professionalità a tutto tondo in materia tributaria. Generalmente l’esperienza dei giovani è circoscritta in determinati ambiti o materie (imposte dirette, indirette, tributi locali) ma molto rare sono le professionalità composite.

Le note dolenti sono rappresentate soprattutto dalla fase transitoria, con la riduzione dell’età a 70 anni (dagli attuali 75) che avrebbe per effetto la decapitazione della quasi totalità delle presidenze delle Commissioni tributarie regionali e di gran parte delle provinciali, nonché dei relativi presidenti di sezione e di molti giudici (cioè di quelli con maggiore esperienza) con la chiusura di fatto di gran parte delle Commissioni per diversi anni o la drastica riduzione delle udienze.

I nuovi assunti non potrebbero inoltre essere adibiti a funzioni direttive (presidenti di sezioni o di Commissioni) a differenza degli attuali presidenti che provengono generalmente già da esperienze direttive nelle magistrature di appartenenza, assicurano un bagaglio di esperienza e professionalità acquisito nei decenni precedenti e, per coloro che hanno già superato il settantesimo anno di età, una attività a tempo pieno presso le Commissioni, non avendo l’impegno della magistratura di appartenenza.

Una loro anticipata rottamazione, senza un’adeguata sostituzione con professionalità almeno di pari livello, avrebbe effetti deleteri sulla gestione e organizzazione delle Commissioni tributarie.

A titolo di esempio, considerando i magistrati tributari che compiranno 70 anni al 31 dicembre 2023, la Commissione tributaria regionale della Lombardia (allo stato con 23 sezioni, comprese le tre della sezione staccata di Brescia) perderebbe 11 su 14 presidenti di sezione, 8 su 13 vice-presidenti e 23 giudici su 65 con l’impossibilità di formazione dei collegi per la mancanza di presidenti, con un blocco quasi totale delle udienza, l’eliminazione della sezione staccata di Brescia e un inevitabile accumulo di arretrati che inciderebbe anche in misura notevole sulle entrate dell’Erario.

Le attuali Commissioni tributarie hanno, pur con alcune criticità, il non trascurabile vantaggio di essere la giustizia più celere di tutta la Ue; ebbene, il legislatore ha trovato il modo, con le alchimie parlamentari, di trasformare la lepre in elefante.

Forse si è ancora in tempo per rimediare a un disastro epocale della giustizia tributaria.