Controlli e liti

GUIDA ALLA MANOVRA/3 - Cessione totalitaria senza riqualifica

di Primo Ceppellini e Roberto Lugano

Il nuovo articolo 20 del Testo unico del registro, modificato dalla legge 205/2017, presenta diversi profili critici:

•la radicale modifica alla norma, che ora prescinde dal collegamento tra più atti e si concentra sugli effetti del singolo atto presentato alla registrazione;

•la decorrenza della novità, che sembra in prima battuta limitata agli atti registrati dopo il 1° gennaio 2018;

•il futuro ambito di applicazione della disposizione modificata.

Gli approfondimenti si sono concentrati soprattutto sui primi due aspetti, ma anche il terzo elemento merita alcune riflessioni.

Una volta che dall’articolo 20 sono state eliminate le possibili interferenze di altri atti collegati a quello sotto esame, è chiaro che la nuova disposizione richiede l’indagine della «intrinseca natura» e degli «effetti giuridici» dell’atto presentato alla registrazione, a prescindere dalla sua qualificazione nominale. Grazie all’esperienza del passato, è possibile individuare casi concreti, peraltro oggetto di copiosa giurisprudenza, in cui è stato contestato lo scollamento tra il tipo di atto presentato alla registrazione e il suo contenuto reale.

Uno degli esempi più diffusi riguarda il caso del conferimento di azienda riqualificato, proprio in base all’articolo 20, in conferimento di immobili, con il conseguente passaggio da imposta fissa a imposta proporzionale, sulla base della considerazione che l’oggetto del conferimento era rappresentato da singoli beni non da un complesso di beni organizzati.

In passato, però, il contenzioso ha riguardato un’altra fattispecie: la cessione totalitaria delle quote di una società, eventualmente riqualificabile come cessione di azienda. Dovremmo quindi valutare se questa ipotesi rientri ancora nell’ambito di applicazione dell’articolo 20 nel testo attualmente in vigore.

Su questo tema si ricorda che Assonime nella circolare n. 20 del 2017 aveva evidenziato che «non può essere trascurato il fatto che un’interpretazione siffatta (che assimilasse cioè i trasferimenti di quote societarie a trasferimenti di azienda, nda) non appare prima facie compatibile con la direttiva comunitaria n. 7 del 2008, sulla tassazione della raccolta di capitali (...). Tale direttiva, in sostanza, esclude la possibilità di applicare forme di tassazione indiretta ad operazioni che hanno a oggetto partecipazioni sul presupposto che gli strumenti finanziari rappresentativi del capitale di società devono poter circolare senza che tale circolazione possa essere ostacolata da oneri di carattere tributario».

Proprio su questo aspetto registriamo ora una importantissima precisazione contenuta nella relazione governativa al disegno di legge di bilancio, secondo la quale: «Non rilevano, inoltre, per la corretta tassazione dell’atto, gli interessi oggettivamente e concretamente perseguiti dalle parti nei casi in cui gli stessi potranno condurre a una assimilazione di fattispecie contrattuali giuridicamente distinte (non potrà, ad esempio, essere assimilata ad una cessione di azienda la cessione totalitaria di quote)».

Questa affermazione non lascia spazio a dubbi: è vero che il trasferimento dell’intera società consente (anche) il subentro dell’acquirente nel possesso dell’azienda detenuta dalla società ceduta, ma il trasferimento di quote e il trasferimento di azienda rimangono fattispecie contrattuali ben diverse tra loro. È indubbio, infatti, che il negozio di compravendita di partecipazioni e quello di trasferimento di azienda producono effetti giuridici ben differenti, a prescindere dagli interessi economici sottostanti. La relazione tecnica coglie proprio questo aspetto, concludendo per la irrilevanza degli interessi concreti e a favore del peso da dare alle fattispecie contrattuali adottate. Ne deriva chiaramente che questa operazione non dovrebbe più essere oggetto di riqualificazione da parte degli uffici.

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