Iva sulla cessione di opere di design: determinante il testo del contratto
Le Entrate tendono a trattare l’attività dei designer come prestazione di servizi. Rientrare nel diritto d’autore implica l’applicazione del registro
Imprese e operatori sono spesso in difficoltà quando si tratta di stabilire il trattamento fiscale dei compensi riconosciuti ai professionisti del design. E questo, non solo nell’ambito dell’imposizione diretta (talora con problematiche complicate da profili di transnazionalità), ma anche con riguardo all’Iva.
Iva e diritto d’autore
L’attività dei designer, se svolta in modo professionale - ossia tale da integrare il presupposto soggettivo - può infatti dar luogo a “prodotti” (disegni, progetti, concept) potenzialmente riconducibili al Codice della proprietà industriale (Dlgs 30/2005) e che rappresentano, sotto il profilo oggettivo, prestazioni di servizi ai fini Iva, ma anche (seppur più raramente) a opere protette dalla normativa sul diritto d’autore (legge 633/1941).
In quest’ultimo caso, ai sensi dell’articolo 3, comma 4, lettera a), Dpr 633/1972, le relative cessioni, concessioni, licenze e simili, effettuate dall’autore o dai suoi eredi o legatari, con le specifiche eccezioni (disegni e opere dell’architettura, dell’arte cinematografica e opere in genere utilizzate a fini di pubblicità), non sono considerate rilevanti agli effetti dell’imposta.
Il requisito: valore creativo
L’elemento che contraddistingue i disegni tutelati dal diritto d’autore di cui all’articolo 2, n. 10, legge n. 633/1941, è rappresentato dal requisito del valore artistico e dal carattere creativo. In quest’ottica, essi si differenziano non solo dalle opere dell’arte del disegno e delle arti figurative di cui al n. 4 della stessa disposizione e dalle altre opere dell’ingegno protette dalla speciale normativa, ma anche dai disegni/modelli industriali di cui al citato Codice della proprietà industriale, i quali sono caratterizzati soltanto dal carattere (necessario ai fini della registrazione) della novità e individualità.
Trattandosi di elementi distintivi assai peculiari e d’incerta individuazione, le difficoltà interpretative sono notevoli, come dimostrano anche i pertinenti interventi dell’amministrazione finanziaria (risoluzione 143/E/2017) che, opportunamente, rinviano ai contributi della giurisprudenza di legittimità (fra cui la sentenza della Cassazione 7477/2017), la quale, a sua volta, mette in luce possibili aspetti rivelatori del valore artistico dell’opera (assegnazione di premi, pubblicazione su riviste non commerciali, recensioni) oltre che l’opportunità, se necessario, di ricorrere alla valutazione di esperti.
Il nodo design navale
In tale complesso quadro, è pertanto poco soddisfacente la risposta a interpello 540/2020, la quale esclude dalla nozione di design industriale (tutelato dal diritto d’autore) l’attività d’ideazione e progettazione del “concept” di imbarcazioni e navi, fondando essenzialmente, ma in modo affrettato, le proprie conclusioni su aspetti relativi al (confuso) testo contrattuale e sull’asserita, ma non argomentata, carenza di valore artistico/creativo. In mancanza di ulteriori precisazioni, la risposta pare infatti rinviare direttamente all’affermazione dei proponenti il quesito, secondo cui il risultato dell’attività creativa, benché «non trovi espressione in un solo esemplare», non sarebbe neppure riferibile a una produzione seriale per un pubblico diffuso.
Con ciò potendosi intendere che, per rientrare nella protezione legislativa con la conseguente esclusione dal campo applicativo Iva, occorrerebbe che l’opera sia destinata a una produzione industriale di massa. E ciò, a discapito dell’effettivo carattere artistico e creativo dell’opera (ancorché appartenente al design “industriale”) che rappresenta invece la vera discriminante fra bene protetto dalla legge sul diritto d’autore, escluso dal campo Iva (se i relativi diritti sono ceduti dall’autore o dagli altri soggetti indicati nell’articolo 3, comma 4, lettera a), Dpr 633/72), e opera compresa fra i diritti della proprietà industriale di cui al Dlgs 30/2005, rilevante come prestazione di servizi ai fini dell’imposta.
I riflessi sui contratti
Il recente contributo delle Entrate, per quanto non risolutivo e anzi potenzialmente fuorviante se teso a far rientrare sempre e comunque le operazioni relative alle opere del design fra le prestazioni di servizi, richiama comunque alla massima cautela nella redazione degli accordi che disciplinano la cessione delle opere in questione, per poterne far rilevare la reale natura.
Anche perché, ove si tratti effettivamente della cessione di diritti esclusi dal campo applicativo Iva (per la cui trasmissione è richiesta la forma scritta a fini probatori), i relativi contratti scontano l’imposta di registro.