Controlli e liti

Solo un giudice professionale può assicurare un «giusto processo»

di Roberto Lunelli


Il processo tributario richiede una (ulteriore) revisione, dopo quella del 2015, mentre gli organi giudicanti necessitano di una riforma radicale, che realizzi un apparato giudiziario efficiente e professionale.

La vera giustizia tributaria può essere assicurata solo da un «Sistema tributario»; e presuppone una legislazione stabile, deve valersi di un'amministrazione finanziaria motivata ed è presidiato da un apparato giudiziario professionale, che sviluppa il contenzioso tributario attraverso il relativo processo.

Già tre anni fa, valendosi della legge delega 23/2014:
• il processo tributario è stato migliorato, ma solo in parte (Dlgs 156/2015): già allora il legislatore avrebbe potuto affidare il sempre più diffuso istituto del reclamo-mediazione a un Organo «terzo» (indipendente); reintrodurre la regola della pubblica udienza; consentire alle parti di avvalersi, in certe circostanze, della prova testimoniale; ora, in più, dovrà risolvere talune criticità poste dal – peraltro apprezzato – Processo Tributario Telematico (PTT);
• gli organi della giurisdizione tributaria avrebbero dovuto essere riconsiderati in radice: per arruolare, quanto prima, giudici professionali e a tempo pieno, dotandoli di uno status giuridico e di un trattamento economico pari a quello degli altri magistrati, non potendo – un settore così delicato – continuare a basarsi sul «volontariato» degli attuali giudici onorari.

Dagli ultimi dati statistici disponibili emerge che, nei due gradi di merito, pendono poco più di 400 mila controversie tributarie, per un valore di oltre 50 miliardi di euro; e, soprattutto, che le controversie di valore unitario:
• inferiore a 3 mila euro, sono quasi la metà del totale, ma valgono meno dell'1 per cento del totale, e quelle di valore inferiore a 50 mila euro, attuale soglia del reclamo/mediazione, sono più di tre quarti e valgono quasi il 2 per cento del totale;
• superiore al milione di euro, sono meno del 2 per cento del totale, ma valgono circa tre quarti del totale.

Di fronte a questi numeri, a me pare che sarebbe opportuno affidare:
- le controversie di modica entità (quelle fino a 3 o 5 mila euro) a un giudice monocratico (nel frattempo divenuto a tempo pieno);
- le altre a un collegio, sempre a composizione mista (togati e laici), prevedendo per le (poche) controversie più rilevanti (sul piano economico e sociale) o complesse (sotto il profilo giuridico e tecnico) un collegio specializzato per materia.

Dopo l'esame di questi due organi tecnici, il ricorso per cassazione potrebbe essere limitato a casi eccezionali, superando così l'impasse in cui si trova, da anni, la Corte suprema, le cui sezioni civili – pur valendosi della «Sezione filtro» – sono costrette a occuparsi prevalentemente di controversie tributarie (talora di scarso interesse e valore), emettendo sentenze e ordinanze che, però, troppo spesso non hanno né l'autorevolezza né la nomofilachia che dovrebbero caratterizzarle.

Per trasformare il nostro (sfilacciato) ordinamento tributario in un «Sistema tributario» si potrebbe partire dai principi elaborati dal «diritto vivente», per pervenire a un Codice tributario unitario, con disposizioni chiare che assicurino certezze ai contribuenti che le osservano; che vengano applicate e fatte applicare da un'amministrazione finanziaria vigile e preparata; e, quando serve, da Tribunali/Corti d'appello tributari che chiudano la partita in 2/3 anni, senza più dover attendere – se non eccezionalmente – i tempi lunghi della Corte di Cassazione; la quale, come la Corte di Giustizia dell'Unione Europea, potrebbe non solo decidere il caso, ma anche – per la sua autorevolezza – interpretare in via autentica (e dinamica) la norma, per fare prevalere lo Jus sulla Lex.

Per approfondire: Guida pratica fiscale - Contenzioso tributario 2018

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