Sul contenzioso necessario evitare approcci di parte
Il primo presidente della Suprema Corte di cassazione nel corso del suo discorso in occasione della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario tributario, dopo aver illustrato i dati numerici delle pendenze dei ricorsi, alimentati per buona parte dalla materia tributaria, tanto da allontanare lo spettro che la Cassazione civile possa trasformarsi in Cassazione tributaria, ha responsabilmente invocato l’impegno dell’agenzia delle Entrate e dell’avvocatura a chiudere le controversie inutili.
Per gli avvocati tributaristi che si identificano in Uncat la risposta e la piena disponibilità corrono su due piani: di metodo e di funzione.
Sotto il primo profilo non appare condivisibile la proposta e, a quanto pare (si veda Il Sole 24 Ore del 28 febbraio), l’iniziativa avviata dall’Agenzia di collaborare con la Corte allo scopo di ottenere sentenze pilota e di migliorare la performance delle vittorie (nove su dieci).
A parte la sorpresa e la generalità assoluta del dato (si tratta di sentenze di diritto sostanziale, processuale, di inammissibilità?), non pare corretto a Uncat affrontare la questione in termini agonistici, di certamen, come se ci trovassimo a giocare in un torneo di sport.
La posizione dell’Agenzia di avviare unilateralmente la collaborazione con la Corte per ottenere sentenze pilota non è corretta ed è contraria ai principi fondamentali del processo ispirato alla parità delle parti. Essa non risolve il problema di come gestire il presente e smaltire l’arretrato. Cioè non si risolve il problema del processo e del giusto processo, poiché passare da nove a uno a dieci a zero premierà i dirigenti, ma non farà venir meno il peso specifico dei ricorsi se non cambia l’approccio culturale al problema.
Si è proprio certi che, una volta ottenuta una sentenza pilota, i processi si sgonfieranno e per opera di chi, visto che le parti processuali sono almeno due?
Non sembra che il metodo sia il più idoneo, atteso che, come tutti sanno, l’amministrazione ha sempre affidato a proprie circolari mutamenti di prassi ogni qual volta si sia consolidata la giurisprudenza su un certo tema.
Dal punto di vista metodologico, pertanto, il percorso non può che essere comune alla parti perché, sia pur da posizioni distinte, amministrazione e avvocatura hanno entrambi una funzione costituzionale da assolvere all’interno del processo: assicurare la giustizia.
Se gli avvocati, almeno in sede di legittimità, sono gli unici difensori tecnici abilitati alla difesa, discende che il coté funzionale del nostro problema va affrontato eliminando le aporie del sistema processuale così come attualmente organizzato, e rappresentando le seguenti priorità:
• salvaguardia della giurisdizione tributaria e mantenimento delle attuali commissioni, i cui giudici devono essere assegnati a tempo pieno per assicurarne la professionalità;
• passaggio delle commissioni di merito dal Mef – dal quale dipendono anche economicamente sia una delle parti processuali che i giudici – alla presidenza del Consiglio dei ministri o del ministero di Giustizia, affinchè sia garantita la terzietà;
• selezione, sin dal primo grado, dei difensori tecnici, perché un buon difensore rende anche un buon giudice.
Ovviamente non si tratta di opzione corporativa. Questo piccolo ma essenziale passaggio di funzioni sarebbe in grado di offrire qualità dei giudizi di merito e qualità delle sentenze. Al cospetto di una sentenza redatta correttamente (esame delle questioni pregiudiziali, preliminari e di merito e motivazione sufficiente) sia l’amministrazione che la parte privata probabilmente penserebbero tre volte e non due soltanto prima di ricorrere per cassazione.
Dal proprio canto l’amministrazione dovrà capovolgere l’analisi del provvedimento in funzione dell’impugnazione, mettendo da parte una sorta di “morale dogmatica” (perché poi si rischiano le spese) che spersonalizza la decisione per effettuare una valutazione essenzialmente tecnica.
Il difensore tecnico, a propria volta, avrà facile ingresso nella mens e nel portafogli della parte assistita per farle capire l’inutilità e la dannosità di proseguire il giudizio.
In conclusione, Uncat ritiene che certe battaglie non si possano vincere da soli e ritiene, altresì, che senza un cambiamento di cultura e, soprattutto, senza smorzare falsi ideologismi, che vedono i contribuenti tutti etichettati come evasori e l’amministrazione come persecutrice, non si vada da nessuna parte.