Il CommentoControlli e liti

Addio all’aggio, un punto di partenza ma ora serve più efficienza

di Gaetano Ragucci

Le novità sulla copertura dei costi del servizio della riscossione, introdotte con l’approvazione del nuovo modello di cartella esattoriale, sono la classica punta dell’iceberg, la cui parte più importante resta nascosta alla vista. La misura si inserisce all’interno di una revisione della governance del servizio, che sottopone l’agenzia della riscossione all’indirizzo operativo e al controllo dell’agenzia delle Entrate, in una logica di integrazione tra i due enti che è a un passo dal portare alla loro fusione. Questa sarà l’ultima tappa di una storia iniziata con la “statalizzazione” del servizio della riscossione (Dl 203/2005), passato dalla gestione privatistica basata su un sistema di concessionari privati a una pubblicistica, con la costituzione di Riscossione Spa, poi Equitalia Spa e infine Agenzia delle Entrate-Riscossione, ente pubblico economico istituito per legge. Ad annunciarla è stato il ministro dell’Economia, Daniele Franco, nella relazione sulla riscossione inviata al Parlamento a luglio 2021, dove illustrava i benefici del «superamento del modello “duale”, in favore di un sistema “monistico”, in cui sia attribuita ad una struttura organizzativa delle Entrate la riscossione delle entrate erariali e previdenziali». Occorrerà attendere per vedere se ve ne saranno.

In questo contesto, l’abolizione dell’aggio è, in fondo, un dettaglio, a considerare il quale non si sa se prevalga l’insoddisfazione per la tardività di un atto di giustizia o il sollievo per la caduta del balzello. Che, infatti, il servizio di riscossione fosse da remunerare con un “prelievo” proporzionale all’entità del credito riscosso, con l’aggiunta delle spese vive, poteva forse avere un senso quando a provvedervi erano i privati, ma con l’uscita di scena di questo genere di operatori era divenuto inaccettabile. La dottrina vi vedeva una «distorsione della funzione dell’istituto», perché l’aggio finiva per essere una sorta di sanzione aggiuntiva, incoerente, per il suo automatismo, con il principio di colpevolezza (Basilavecchia). Mentre indicazioni utili al suo superamento erano state fornite dalla giurisprudenza costituzionale, già prima della riforma del 2005 (sentenze 7 e 480 del 1983 e 291 del 1997).

Pronunciandosi in un contesto disciplinare molto diverso, con la sentenza 120/2021 la Consulta si è spinta oltre, dichiarando - del tutto condivisibilmente - che l’inefficienza del servizio di riscossione si riflette “di fatto” sulla ragionevolezza e proporzionalità dell’aggio, facendone un ostacolo alla compliance fiscale. Delle soluzioni alternative possibili, da anni note agli addetti ai lavori – dalla fiscalizzazione dei costi della riscossione (come avvenuto in Germania, Francia, Spagna, Gran Bretagna), alla prescrizione di criteri di calcolo e limiti diretti a garantire la proporzionalità dell’addebito – il legislatore ha scelto la prima. Speriamo almeno che resista.