Controlli e liti

Dichiarazioni infedeli sempre punibili oltre 100mila euro

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di Laura Ambrosi

Ai fini della configurazione della dichiarazione infedele, saranno in futuro punibili le valutazioni che singolarmente considerate differiscano in misura inferiore al 10 per cento da quelle ritenute corrette. È invece confermata la non punibilità nel caso in cui i criteri di valutazione concretamente applicati vengano enunciati in bilancio ovvero in altra documentazione rilevante ai fini fiscali.

Sono queste alcune delle sostanziali modifiche, insieme all’abbassamento delle soglie di rilevanza penale e all’incremento delle pene edittali, apportate al reato di dichiarazione infedele dal decreto legge 124/2019.

Poiché la dichiarazione infedele è uno dei reati che più frequentemente viene contestato, vale la pena approfondire la nuova condotta illecita risultante a seguito delle recenti modifiche normative. Il delitto in questione sarà punito con la reclusione da due a cinque anni – e non più da uno a tre anni – e interesserà qualunque contribuente, anche persona fisica, il quale, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, indichi in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi inesistenti, quando, congiuntamente:

a) l’imposta evasa sia superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a 100mila euro (e non più a 150mila);

b) l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi inesistenti sia superiore al 10 per cento dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, sia superiore a due milioni di euro (e non più a tre milioni).

Ai fini della commissione dell’illecito, non si tiene conto:

della violazione dei criteri di determinazione dell’esercizio di competenza, della non inerenza, della non deducibilità di elementi passivi reali;

della non corretta classificazione, della valutazione di elementi attivi o passivi oggettivamente esistenti, rispetto ai quali i criteri concretamente applicati sono stati comunque indicati nel bilancio ovvero in altra documentazione rilevante ai fini fiscali.

La norma vigente, prima delle modifiche apportate sempre in tema di valutazione (comma 1 ter), escludeva dall’ambito penale, a prescindere dal verificarsi di ogni ulteriore circostanza e quindi dall’indicazione dei criteri concretamente applicati, le valutazioni estimative che, singolarmente considerate, differissero in misura inferiore al 10% da quelle corrette. Di questi importi, compresi nella predetta percentuale, non si doveva tenere conto nella verifica del superamento delle soglie di punibilità.

In passato, in sostanza erano offerti due livelli di tutela in tema di valutazioni: il primo, di tipo quantitativo, rendendo irrilevante sotto il profilo penale le valutazioni errate, differenti del 10% rispetto a quelle ritenute corrette; il secondo, di tipo qualitativo, indicando i criteri concretamente applicati, a prescindere pertanto dalla percentuale di differenza rispetto alla valutazione corretta.

Abrogando la causa di non punibilità di tipo quantitativo del 10% per evitare che le valutazioni possano avere rilevanza penale – ancorché a seguito di errori anche percentualmente bassi (sotto il citato 10%) – sarà necessario in futuro adottare idonee cautele indicando sempre nel bilancio ovvero in altra documentazione rilevante ai fini fiscali i criteri concretamente applicati.

Dl 124/2019

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