Imposte

L’attività di ricerca dall’estero effettiva merita il credito d’imposta R&S

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di Emanuele Reich e Franco Vernassa

La risposta 83 del 26 marzo 2019 dell’agenzia delle Entrate risolve alcune questioni sulla spettanza del credito d’imposta in caso di ricerca commissionata da un soggetto estero ad una società italiana.

La recente norma interpretativa contenuta nell’articolo 1, comma 72 della legge 145/2018 chiarisce che il comma 1 bis dell’articolo 3 del Dl 145/2013, relativo al riconoscimento del credito d’imposta per spese di ricerca e sviluppo ai soggetti residenti commissionari che eseguono attività di ricerca e sviluppo per conto di imprese residenti o localizzate in Ue, See o in Stati compresi nell’elenco di cui al Dm 4 settembre 1996 («controparti estere qualificate»), si interpreta nel senso che, ai fini del calcolo dell’agevolazione, assumono rilevanza esclusivamente le spese ammissibili relative alle attività svolte «direttamente e in laboratori o strutture situati nel territorio dello Stato».

Restano però da chiarire ancora alcuni temi. In ogni caso, sembra sempre più necessario, anche a seguito della risposta n. 86, che l’agenzia delle Entrate ed il Mise pubblichino una circolare esplicativa su tutte le novità.

In base alla descrizione del caso contenuta nella risposta 83/2019, che riguarda una società che opera nel settore della distribuzione sul territorio nazionale di farmaci per uso umano, si capisce che l’attività di ricerca e sviluppo è suddivisa in progetti e/o sottoprogetti; alcuni di questi sottoprogetti sono svolti direttamente dalla commissionaria, mentre altri sono affidati a subcommissionari (anche terzi, in quanto sono citate le università). La committente estera e la commissionaria italiana appartengono allo stesso gruppo, mentre non è chiaro se tra i subcommissionari vi siano anche altre società del gruppo; se così fosse, si potrebbe ritenere che la loro attività sia imputabile alla commissionaria italiana per trasparenza, quale ricerca «intra-muros».

Sembra invece di desumere il principio secondo cui, se l’attività commissionata dall’estero è svolta in Italia, almeno un soggetto italiano deve poter fruire del beneficio, potendo essere il commissionario ovvero, in caso di subappalto, il subcommissionario, che beninteso deve essere in possesso dei requisiti soggettivi ed oggettivi, compreso il confronto con la media del triennio 2012-2014, per potere godere del credito d’imposta.

Si potrebbe allora affermare che la commissionaria italiana possa fruire del beneficio se essa svolge una reale attività di ricerca e sviluppo direttamente presso i propri locali in Italia, e si avvale dell’attività di soggetti in Italia che non possono maturare il beneficio, poiché si tratta di professionisti o collaboratori coordinati e continuativi che non possiedono il requisito soggettivo per usufruire del credito d’imposta, o perché sono terze imprese la cui prestazione non individua in modo specifico e puntuale un sotto-progetto autonomo.

Resta da chiarire se il contenuto della risposta 83/2019, basata su un interpello presentato prima dell’introduzione della norma interpretativa di cui alla legge 145/2018, può essere confermato alla luce della norma interpretativa, o se in questo caso vi siano ora margini per riconoscere il beneficio alla commissionaria e non alla subcommissionaria.

In sintesi, condividendo la ragione dell’intervento che intende penalizzare le delocalizzazioni di attività dall’estero all’Italia solo apparenti, e riconoscere l’agevolazione, che è a carico dell’erario, solo ad attività che siano svolte ed abbiano una ricaduta sul territorio dello Stato, pare di individuare questi punti chiave:

il commissionario italiano deve avere personale, locali ed attrezzature in Italia adeguati a svolgere e coordinare il progetto di ricerca e può ragionevolmente avvalersi dell’agevolazione oltre che per il costo dei propri dipendenti anche dei costi sostenuti per la consulenza da parte di soggetti terzi italiani che non hanno i requisiti (professionisti o altre imprese che non svolgono un sottoprogetto);

il commissionario italiano può utilizzare altri subcommissionari residenti che svolgano la loro attività «in laboratori o strutture situati nel territorio dello Stato». Alla luce della risposta 83, il credito d’imposta spetta a questi ultimi nel rispetto dei requisiti soggettivi ed oggettivi previsti dalla norma. In tal caso, si consiglia che i subprogetti siano ben individuati.

In relazione, invece, alla risposta rivista 86, questa conferma che fino al 2018 i costi per la realizzazione di prototipi, in quanto tali, non rientravano nell’elenco tassativo del comma 6 dell’articolo 3; sarebbe opportuno che l’Agenzia confermasse quanto a suo tempo detto nella risoluzione n. 122/E del 2017, in cui fu affermato che era possibile agevolare la parte dei costi rientranti in una delle categorie agevolabili.

Gli approfondimenti

Il credito d’imposta per la ricerca e lo sviluppo (clicca qui per consultarlo)
a cura di Sonia Pucci, Paola Bonsignore e Agnese Menghi
Tratto dal fascicolo: Agevolazioni alle imprese del 5 febbraio 2019 (shopping24.ilsole24ore.com)

Agenzia delle Entrate, interpello 83/2019

Agenzia delle Entrate, interpello 86/2019

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