Adempimenti

Regime di cassa con inventario

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di Matteo Balzanelli e Giorgio Gavelli

Il nuovo regime “di cassa” per i contribuenti in contabilità semplificata, previsto dal 1° gennaio 2017 dal nuovo articolo 66 Tuir, pone numerose questioni applicative.

Tra queste spicca un interrogativo circa l’obbligo della tenuta dell’inventario di magazzino, in cui annotare, ai sensi dell’articolo 15 Dpr 600/73 , «la consistenza dei beni raggruppati in categorie omogenee per natura e valore e il valore attribuito a ciascun gruppo».

L’irrilevanza, tra i componenti reddituali, delle giacenze di magazzino – con l’eccezione di quanto previsto dall’articolo 1, comma 18 della legge di bilancio 2017 relativamente al primo esercizio successivo a quello in cui, per l’ultima volta, è stato applicato il principio di competenza – ha portato a trarre conclusioni che non paiono del tutto condivisibili. Si sostiene, infatti, che, in conseguenza della citata irrilevanza, l’impresa in contabilità semplificata non effettuerebbe più l’inventario di fine anno, con conseguente maggiore difficoltà negli accertamenti da parte degli organi verificatori, in particolare per tutte quelle forme di accertamento analitico-induttivo (per le imposte dirette ex articolo 39, comma 1, lettera d, Dpr 600/1973 e per l’Iva ex articolo 54, comma 2 Dpr 633/1972) che si basano in parte sulla contabilità aziendale (generalmente proprio sulle giacenze) e in parte su elementi presuntivi (consumi medi, eccetera).

Se così fosse, il regime acquisirebbe maggiore appeal, poiché tali forme di ricostruzione indiretta dei ricavi risultano attualmente (dopo il “tramonto” degli accertamenti da studi di settore) tra le più utilizzate nelle verifiche “sul campo” a carico di commercianti e pubblici esercizi.

Presumibilmente, tuttavia, si tratta di una conclusione affrettata. E non solo perché, aziendalmente, nessuna impresa può fare a meno, al fine di verificare la propria redditività, di determinare le rimanenze finali e, conseguentemente, il costo del venduto. Ma anche perché, giuridicamente, ci pare vi sia differenza tra mancata partecipazione di un componente al reddito del periodo e sussistenza di determinati obblighi contabili.

L’articolo 18, comma 1, Dpr 600/73 continua a prevedere, anche nel nuovo testo, che i contribuenti ammessi al regime di contabilità semplificata «sono esonerati per l’anno successivo dalla tenuta delle scritture contabili prescritte dai precedenti articoli, salvi gli obblighi di tenuta delle scritture previste da disposizioni diverse dal presente decreto».

Tuttavia, l’articolo 9 del Dl 69/1989 (ossia del provvedimento che disciplina le «modalità per le annotazioni sui registri contabili da parte dei soggetti che, ai fini della determinazione del reddito d’impresa, sono ammessi al regime di contabilità semplificata e che non hanno optato per il regime ordinario») prevede, alla lettera b) del comma 1, che i soggetti in esame devono riportare «nei registri tenuti ai sensi dell’articolo 18» del Dpr 600/73, «entro il termine stabilito per la presentazione della dichiarazione, le annotazioni rilevanti ai fini della determinazione del reddito nonché il valore delle rimanenze, indicando distintamente per queste ultime le quantità e i valori per singole categorie di beni in giacenza alla fine dell’esercizio» con l’indicazione dei criteri seguiti per la valutazione. Il tutto è ribadito all’articolo 2 del Dm 2 maggio 1989, vale a dire del decreto attuativo di quanto previsto dal Dl 69/1989.

Preso atto che il comma 23, articolo della legge di bilancio 2017 prevede l’emanazione di un apposito decreto ministeriale per l’attuazione delle novità apportate al regime di contabilità semplificata, non appare scontato che questo obbligo contabile non venga confermato, evitando così le conseguenze a livello accertativo da alcuni paventate. Del resto, in assenza di questi dati, ci pare difficile ipotizzare il funzionamento dei nuovi indicatori «sintetici di affidabilità fiscale cui sono collegati livelli di premialità» che, ai sensi dell’articolo 7-bis, comma 1, Dl 193/2016, dovrebbero, proprio dal 2017 sostituire gli studi di settore.

Meglio, quindi, attendere la disciplina di dettaglio prima di attribuire al nuovo regime “di cassa” vantaggi che forse, in concreto, non consente.

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