Il CommentoImposte

Sotto esame la deducibilità dell’Imu per le imprese nel triennio 2014/2016

di Enrico De Mita

L’Imu relativa a beni immobili strumentali, anche per il triennio 2014 – 2016 deve, ad avviso della Ctp di Parma, ritenersi pienamente deducibile ai fini della determinazione del reddito d’impresa e del reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni.

L’indeducibilità dell’Imu si riflette in un aggravio del tributo sui redditi causato dalla stessa misura dell’Imu. La deducibilità pertiene strutturalmente al presupposto delineato normativamente.

La Ctp di Parma, con ordinanza del 12 aprile 2021 (Gazzetta Ufficiale, serie 1^ speciale, n. 44 del 3 novembre 2021) ha rimesso gli atti alla Corte, sollevando la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 14, comma 1, del decreto legislativo 23/2011, nel testo pro tempore vigente (per il 2014-2016 nella controversia all’esame del giudice remittente) per contrasto con l’articolo 53 della Costituzione. La norma infatti prevede per le annualità predette una deducibilità solo parziale.

I giudici parmigiani sono chiamati a decidere un ricorso promosso da una società per il rimborso della maggiore Ires versata a causa della parziale indeducibilità dell’imposta Imu dal reddito d’impresa, non potendo prescindere, nella decisione, dal disposto dell’articolo 14, comma 1, del Dlgs 23/2011.

La questione era stata dichiarata inammissibile dalla Corte costituzionale con ordinanza 163/2019, rinviando a futuro aggiornamento la fondatezza o meno della presunta incompatibilità con il principio di capacità contributiva della limitata deducibilità dell’Imu relativa agli immobili strumentali ai fini della determinazione del reddito d’impresa e del reddito da lavoro autonomo.

Quella in esame presenta un dispositivo atipico, visto che la Ctp lascia inferire dalla narrativa di voler sollevare la questione di legittimità costituzionale della norma predetta, richiamando le difese della parte ricorrente. Vedremo se la Corte riterrà tale modalità ammissibile.

Nel merito il giudice a quo coglie pienamente nel segno e ha giuoco facile potendo rinviare ad una pronuncia della Consulta assai recente e chiara (262/2020).

La Corte, infatti, ha dichiarato l’illegittimità della norma scrutinata nella parte in cui dispone che anche per gli immobili strumentali l’imposta municipale propria è indeducibile dalle imposte erariali sui redditi d’impresa, per contrasto con gli articoli 3 e 53 della Costituzione, sotto il profilo della coerenza e quindi della ragionevolezza.

Il presupposto dell’Ires è « reddito complessivo netto » (articolo 75, primo comma, Tuir). Il legislatore non può rendere indeducibile l’Imu sugli immobili strumentali, la quale costituisce un costo fiscale totalmente inerente alla produzione del reddito.

La Corte (262/20) evidenzia che la rottura del vincolo di coerenza interna comporta effetti concreti di distorsione fiscale. La sua pronuncia riguardava l’annualità 2012 e può applicarsi anche alle annualità del 2014-2016, per le quali non possono valere principi diversi.

L’evoluzione normativa dell’Imu continua ad essere asistematica e frammentaria. Neppure la discrezionalità del legislatore può violare i vincoli imposti dalle finalità intrinseche del prelievo, se non ricadendo nella distorsione fiscale.

Si perviene ad individuare un indice di capacità contributiva riferito ad un presupposto diverso dal reddito netto, giacché l’Ires / Irpef finisce per gravare, non sul reddito netto, realmente indicativo di capacità contributiva, bensì su di un reddito lordo e fittiziamente attribuito al contribuente, per effetto della mancata deduzione dell’Imu già versata, allontanandosi in misura rilevante dalla realtà reddituale.

Le incoerenti manovre sulla deducibilità – ha affermato la Corte – si risolvono in discriminatori, sommersi e rilevanti incrementi della base imponibile a danno solo di alcuni contribuenti.

La deducibilità, correlandosi all’inerenza del costo, attiene alle finalità intrinseche del prelievo: il legislatore ex articolo 75, comma 1, Tuir, individua il presupposto Ires nel «possesso di un reddito complessivo netto» (Cassazione 1290/20).

In relazione agli oneri fiscali l’articolo 99, comma 1, del Tuir sancisce in via generale il principio della deducibilità delle imposte dal reddito nell’esercizio in cui avviene il pagamento.

Tale criterio non è derogabile dal legislatore in caso di un tributo (non commisurato al reddito e né oggetto di rivalsa) inerente alla produzione del reddito; quindi, deducibile.

Interesse fiscale e tutela del contribuente sono entrambi coinvolti dalle medesime garanzie costituzionali e non ammettono graduazioni temporali: se la norma è incostituzionale lo sarà pienamente anche per le annualità 2014-2016.

Bene hanno fatto i giudici di Parma a riproporre la questione.

Il principio di capacità contributiva non è applicabile a tempo.