Diritto

Trust, la Cassazione conferma: esenti gli atti di destinazione

Per la Cassazione occorre che il trasferimento dei beni sia stabile ed effettivo

di Angelo Busani

Dopo che in almeno una ventina di decisioni adottate nel 2019 la Cassazione si è schierata per non considerare l’apporto patrimoniale al trust come una manifestazione di capacità contributiva, anche il 2020 si è aperto sotto lo stesso segno: con l’ordinanza 2897 del 7 febbraio 2020, la Corte, dichiarando il suo orientamento come «consolidato», ribadisce che:

1. è «superato» l’orientamento originariamente assunto dalla Cassazione, secondo il quale la norma (l’articolo 2, Dl 262/2006) che ha sottoposto l’istituzione del vincolo di destinazione all’imposta di donazione evidenzierebbe la volontà del legislatore di istituire una nuova imposta che colpisce gli atti che costituiscono vincoli di destinazione;

2. ai fini dell’applicazione dell’imposta di donazione «è necessario che si realizzi un trasferimento effettivo di ricchezza mediante un’attribuzione patrimoniale stabile e non meramente strumentale», quando, invece, sia l’atto istitutivo del trust che l’atto di dotazione del trust stesso «sono meramente attuativi degli scopi di segregazione e costituzione del vincolo di destinazione»;

3. l’imposta di donazione si deve pertanto applicare «soltanto dall’atto di eventuale attribuzione finale del bene al beneficiario».

L’ordinanza 2897 giudica in una fattispecie di trust traslativo (non ne è, peraltro, esplicitata la finalità, ma, probabilmente, se ne può presumere lo scopo di passaggio generazionale): e, quindi, una fattispecie assai più “sensibile”, rispetto al trust “autodichiarato”, all’applicazione di imposte proprie degli atti che comportano il trasferimento di diritti da un soggetto all’altro.

Nel trust autodichiarato, invece, non c’è alcun trasferimento di diritti, in quanto esso è strutturato come un vincolo a carico di una porzione del patrimonio del disponente stesso, di cui egli rimane sempre proprietario, seppure nella sua nuova qualità di trustee; il che determina la conseguenza della destinazione del diritto vincolato in trust al perseguimento dello scopo del trust, con ciò fuoriuscendo dal novero dei beni il cui proprietario può esercitare un «pieno ed esclusivo» diritto di godimento e di disposizione.

Peraltro, nell’ordinanza 2897 la Cassazione dà l’impressione di ritenere che l’atto di apporto di beni al trust non sia invariabilmente sottratto all’imposta di donazione: infatti, dapprima, la Corte osserva con favore che la Ctr, verso la cui sentenza è stato proposto il ricorso di legittimità «non» abbia «escluso in linea di principio che l’imposta ipotecaria-catastale per le trascrizioni possa essere applicata in misura proporzionale all’atto di conferimento al trustee dei beni devoluti in trust»; appena dopo, la Cassazione afferma che nel caso sottoposto al suo giudizio l’istituzione del «vincolo di destinazione» non ha comportato l’arricchimento del trustee «il quale non ha ricevuto i beni per effetto di un trasferimento liberale di ricchezza definitivo».

Insomma, pare uscire confermato quanto si ebbe a leggere nella sentenza 22758/2019, la quale giudicando di un trust traslativo con scopo filantropico (il disponente aveva attribuito una somma di denaro al trustee affinché questi lo impiegasse in beneficienza a favore di soggetti non individuati), ha osservato che «la circostanza, prevista nell’atto istitutivo, per la quale» il trustee «possa operare direttamente con il denaro ricevuto per finalità liberali, costituisce di per sé un trasferimento ed un arricchimento» per il fatto che il trustee può «operare direttamente per le finalità liberali e filantropiche», il che fa ritenere «realizzato il presupposto impositivo» dell’imposta di donazione.

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