Trust, l’incognita tempo sull’imposta applicabile
ll trust è un istituto flessibile che può essere utilizzato per vari scopi - si veda da ultimo Il Sole 24 Ore del 24 giugno - tra i quali spicca sicuramente quello della pianificazione successoria. Sotto questo aspetto, però, si è sviluppata una certa diffidenza a causa dell’incertezza dei profili fiscali: se infatti, da un lato, è stata definita la sfera delle imposte sui redditi, dall’altro non è chiaro come vadano applicate le imposte indirette (segnatamente l’imposta di donazione).
I due momenti rilevanti
Nel caso di utilizzo “familiare” di questo istituto, il trust viene istituito per segregare il patrimonio del disponente e per metterlo a disposizione di beneficiari che sono i suoi familiari. I momenti rilevanti in questo schema sono due: il trasferimento delle attività (liquidità, titoli, partecipazioni, immobili) al trust al momento della sua costituzione; l’attribuzione dei beni ai beneficiari al momento stabilito.
La tesi delle Entrate
L'Agenzia delle Entrate ha da sempre sostenuto che il momento rilevante ai fini delle imposte indirette è il primo, ovvero l’attribuzione dei beni al trust. Nelle posizioni ufficiali, (circolari n. 48/E del 6 agosto 2007 e n. 3/E del 22 gennaio 2008) questa tesi viene suffragata dalla considerazione che l’imposta di donazione si applica non solo ai trasferimenti veri e propri di ricchezza, ma anche alla iscrizione di vincoli di destinazione ai beni, cosa che avviene con la costituzione del trust. Il secondo momento (in cui i beni vanno ai beneficiari) diventa invece irrilevante sotto il profilo fiscale.
La giurisprudenza
Sulla vicenda si è formato un inevitabile contenzioso: in un primo tempo le pronunce della giurisprudenza hanno aderito alla tesi dell’amministrazione finanziaria, concludendo per l’applicazione al trust dell’imposta di donazione, determinata applicando aliquote e franchigie in funzione del rapporto di parentela tra disponente e beneficiari.
Più di recente, abbiamo assistito ad un capovolgimento di fronte. La Corte di Cassazione (sentenza n. 25478 del 18.12.2015 n. 25478) ha precisato che «l’errore sta nel fatto di considerare il trust immediatamente produttivo degli effetti traslativi finali che costituiscono il presupposto dell’imposta. Mentre la costituzione del vincolo di destinazione non è in grado, in sé, di determinare il presupposto dell’obbligazione tributaria, dovendo l’effetto di trasferimento essere proiettato nella sfera giuridica di un soggetto diverso dal trustee, fin dall’inizio determinato dal disponente».
Pertanto, «la fattispecie si inquadra in quella di una donazione indiretta cui è funzionale la “segregazione” quale effetto naturale del vincolo di destinazione, una “segregazione” da cui non deriva quindi alcun reale trasferimento di beni e arricchimento di persone, trasferimento e arricchimento che dovrà invece realizzarsi a favore dei beneficiari, i quali saranno perciò nel caso successivamente tenuti al pagamento dell'imposta». (Cassazione 26.10.2016 n. 21614).
Ancora più recentemente, queste conclusioni sono state fatte proprie dalle sentenze della Cassazione 17.1.2018 n. 975 e 13.6.2018 n. 15469, nonché dalla Commissione Regionale del Veneto nella sentenza 12.3.2018 n. 302/6/18.
L’incertezza che non aiuta
Negli ultimi tempi è cambiato il sentore comune a proposito della tassazione di successioni e donazioni: è sempre più diffusa l’aspettativa di un adeguamento (al rialzo) delle aliquote italiane a quelle in vigore in altri stati europei. Gli effetti sono paradossali: se prima ci si allontanava dal trust perché si rischiava la tassazione immediata a fronte di una attribuzione futura ai beneficiari, ora l’evoluzione della giurisprudenza crea per altre ragioni lo stesso risultato. In sostanza, chi sta pensando al ricorso al trust in questa fase lo fa per i vantaggi in termini di tutela del patrimonio e di gestione programmata del passaggio generazionale ma vorrebbe avere certezza fiscale dei costi del trasferimento della ricchezza: in questo senso sarebbe meglio pagare le imposte subito nella misura attuale piuttosto che rinviarle ad un futuro incerto. Vista la situazione, non si può rimettere un fattore così importante alle evoluzioni giurisprudenziali. Non a caso, nella scorsa legislatura, la legge 112/2016 («Dopo di noi») aveva indirettamente fatto intuire che la tassazione doveva avvenire al momento di costituzione del trust, e successivamente era stato presentato un disegno di legge (Atto Camera 4675) che dava certezza normativa a questa conclusione. Sarebbe il caso che una norma definitiva di questo tipo fosse presa in considerazione anche dal nuovo Parlamento.