Controlli e liti

Tassazione del Tfr, anche l’ufficio applica la salvaguardia anti-Irpef

Il datore di lavoro e l’ufficio devono seguire le aliquote precedenti se più favorevoli. Con il restyling al via dal 2022, il meccanismo scatterà più raramente

di Alessia Urbani Neri

In tema di riliquidazione dell’imposta dovuta sul Tfr liquidato dal datore di lavoro, anche l’ufficio è tenuto a considerare la cosiddetta “clausola di salvaguardia” di cui al comma 9 dell’articolo 1 della legge 296/06 (Finanziaria 2007). La Ctr della Lombardia con la sentenza n. 1114/22 (presidente Sacchi, relatore Gaudino) ha, infatti, annullato l’avviso di accertamento con cui l’amministrazione finanziaria aveva riliquidato, ai sensi dell’articolo 19 del Dpr 917/86, l’imposta dovuta ai fini Irpef dal contribuente sulle somme percepite alla cessazione del rapporto di lavoro, appunto per non avere tenuto in alcuna considerazione la clausola di salvaguardia. Il datore di lavoro che eroga il Tfr, infatti, al momento della cessazione dell’impiego è tenuto a determinare l’imposta secondo le aliquote e gli scaglioni di reddito vigenti al 31 dicembre 2006, se più favorevoli.

La vicenda

Nel caso in esame, la parte contribuente aveva cessato la propria attività lavorativa nel 2015 e la società aveva applicato sul Tfr i criteri impositivi vigenti al 31 dicembre 2006, in quanto più favorevoli al lavoratore. L’ufficio, invece, in sede di liquidazione definitiva dell’Irpef aveva calcolato l’imposta considerando la media impositiva ordinaria degli ultimi cinque anni, ritenendo applicabile la clausola di salvaguardia solo per i trattamenti di fine rapporto maturati sino al 31 dicembre 2000, avendo la legge di stabilità del 2013 rideterminato gli scaglioni e le aliquote impositive e abrogato la norma istitutiva della clausola di salvaguardia.

Il collegio, invece, la ritiene vigente in quanto con la legge di stabilità 2013 non vi è stata una abrogazione esplicita ovvero implicita: l’ipotesi abrogativa, pur prevista nel corso dei lavori parlamentari, non è stata poi trasfusa nel testo normativo definitivo. Inoltre, il comma 9 dell’articolo 1 della legge 296/06 non specifica se l’applicazione del più favorevole regime di tassazione vigente al 31 dicembre 2006 debba essere operata dal solo sostituto d’imposta o anche dall’amministrazione finanziaria in sede di riliquidazione.

Nel silenzio della legge, si ritiene che tanto il datore di lavoro, quanto l’agenzia delle Entrate debbano applicare al Tfr la clausola di salvaguardia. D’altronde, è lo stesso ufficio fiscale, nella circolare n. 13/E/2007 in tema di tassazione applicabile dal 2007, a specificare al punto 4.2 che «l’amministrazione finanziaria, in sede di controllo e di riliquidazione dell’imposta, effettua nuovamente la verifica della tassazione più favorevole… In base alla verifica effettuata, applicherà la tassazione più favorevole per il contribuente».

Tale interpretazione normativa appare più rispondente alla ratio dell’articolo 19 del Tuir per cui la tassazione del Tfr è fondata sui principi di tassazione separata, ma ispirata alla progressività dell’Irpef, in forma parzialmente agevolata.

Le novità dal 2022

Di certo, a decorrere dal 1° gennaio 2022 con l’approvazione della legge di Bilancio 234/21, che ha modificato in melius gli scaglioni di reddito e le relative aliquote, riducendo le prime due con soppressione dell’aliquota del 41%, è più probabile che la tassazione risulti essere più favorevole al contribuente e di conseguenza non si dovrà ricorrere all’applicazione della clausola di salvaguardia.

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