Controlli e liti

Con il ravvedimento una chance in più per evitare il reato

di Tonino Morina e Antonio Zappi

Grazie al ravvedimento, si possono sanare anticipatamente gli esiti di un controllo anche nelle more di verifiche e nelle fasi istruttorie dei controlli “a tavolino” del Fisco. Infatti, nonostante l’avvio del controllo, fino alla notifica di cause ostative, il contribuente può rimuovere infedeltà dichiarative, per anticipare la contestazione di rilievi tributari e per evitare conseguenze penali. Su questo tema, spunti interessanti giungono dalla circolare 1/2018 della Guardia di Finanza. Basti pensare al contribuente al quale, durante un controllo, sta per essere contestata l’ipotesi di utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. Il comma 1 dell’articolo 2 del decreto legislativo 74/2000 punisce con la reclusione da un anno e sei mesi, a sei anni, chiunque, avvalendosi di fatture per operazioni inesistenti, indichi in una delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi o Iva elementi passivi fittizi, esponendo costi falsi o anche “gonfiati” rispetto all’entità effettiva (anche per pochi euro).

Se la falsa rappresentazione contabile e dichiarativa persiste fino all’accertamento della fraudolenza, sarebbe configurabile il reato in questione. Chi teme questa contestazione e si “ravvede” può sanare l’infedeltà tramite una dichiarazione sostitutiva di quella precedentemente presentata, versando i relativi tributi, sanzioni e interessi legali. Il comportamento può aprire la strada al perfezionamento della sanatoria in ambito amministrativo-tributario e in ambito penale.

Il ravvedimento dichiarativo temporalmente successivo alla (non ancora accertata) consumazione dell’illecito è in grado di interferire con la struttura di questo reato, considerato di pericolo. Come conferma la circolare della Finanza, un soggetto che semplicemente detenga le fatture relative ad operazioni fittizie emesse da altri, oppure le annoti in contabilità senza indicarle in dichiarazione, non potrà essere chiamato a rispondere in sede penale neanche a titolo di tentativo. Lo scopo di una simile previsione consente al contribuente di rimediare, presentando una dichiarazione veritiera ed un ravvedimento che la Finanza definisce di tipo “allargato”.

Per valutare la rilevanza penale della condotta, tra una dichiarazione originaria e una corretta, la norma non individua quale momento consumativo del reato la presentazione della prima dichiarazione, ma l’indicazione di elementi passivi fittizi in una dichiarazione “definitiva” (cristallizzata da un accertamento), poiché è solo in essa che si potrà constatare la reale intenzione di evadere. Questo significa che, in caso di presentazione di più dichiarazioni, rileva, a livello tributario e a livello penale, solo la dichiarazione definitiva, priva di ogni fine evasivo, da assumere anche come valida ai fini fiscali. In questo modo, se il contribuente si attiva, ogni ipotesi penale sarebbe decisivamente depotenziata, poiché il ravvedimento realizzerebbe un’atipica derubricazione della condotta originaria. In ogni caso, poiché il ravvedimento non preclude la prosecuzione dei controlli, se i verificatori decidessero di contestare il perfezionamento della sanatoria e di deferire alla Procura anche una notizia di reato per inserimento di fatture false contabilizzate nella (pur sostituita) dichiarazione originaria, in ambito giudiziario si dovrà considerare l’assenza di offensività ed il difetto dell’elemento soggettivo del reato nella condotta di un contribuente che, ante-contestazione, agisce per eliminare l’evasione fiscale.

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