Diritto

Aiuti Covid, reato più lieve se l’atto falso non è richiesto

Cassazione meno severa quando il documento fasullo non è previsto dalle norme

di Sandro Guerra

Se la documentazione falsa che accompagna l’autocertificazione necessaria per ottenere un mutuo garantito dallo Stato non è richiesta dalla normativa scatta il reato (meno grave) di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato e non quello di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.

Lo ha chiarito la Cassazione (sentenza n. 2125 del 18 gennaio 2022) in relazione al reato contestato a un amministratore di una società che aveva allegato una dichiarazione dei redditi falsa alla richiesta di un prestito garantito dal Fondo centrale di garanzia previsto dal decreto liquidità (Dl 23/2020) per contrastare la crisi Covid. La Cassazione, confermando la decisione del Gip, ha rilevato che la falsa dichiarazione non era richiesta dalla normativa (bastava l’autocertificazione) ma era frutto di una libera iniziativa e che quindi il reato era quello di indebita percezione (articolo 316-ter del Codice penale) e non di truffa aggravata (articolo 640-bis del Codice penale).

L’orientamento più severo

Il discrimine sembra quindi essere il fatto che il documento falso non fosse necessario per ottenere l’aiuto pubblico. In passato la valutazione da parte della Corte della falsità delle documentazioni era stata diversa.

Con la sentenza 41989/2021, relativa alla presentazione di un falso contratto di locazione di un fondo per l’ottenimento di finanziamenti pubblici, si era ravvisato il delitto di truffa aggravata, sul presupposto che l’agente non si fosse limitato ad esporre dati falsi, ma li avesse “supportati” con ulteriori documenti; nella sentenza 32768/2021, concernente l’ottenimento del gettone di presenza da parte di consiglieri comunali mediante apposizione della firma di presenza e successivo immediato allontanamento, il delitto ritenuto integrato è sempre quello di truffa aggravata, essendo stato considerando artificio la non corrispondenza alla realtà delle risultanze dei fogli di presenza; lo stesso in un caso di mendace attestazione di esistenza in vita per l’ottenimento di ratei pensionistici, nel quale la Corte ha ritenuto consumato il reato di truffa aggravata in ragione della dichiarazione falsa resa ai funzionari dell’ufficio postale, integrante artifizi e raggiri (sentenza 22961/2021).

Artifizi e raggiri

L’indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato è, invece, completamente esclusa quando il soggetto si spinge oltre la nuda menzogna e allestisce un’ulteriore mise-en-scène .

È il caso, ad esempio, della richiesta di rimborso per prestazioni sanitarie da parte di una casa di cura convenzionata con il servizio sanitario nazionale mediante falsa attestazione nei flussi informatici relativi alla scheda di dimissione ospedaliera, che secondo la Corte integrava la truffa aggravata in ragione della falsificazione delle cartelle cliniche (Cassazione, sentenza 19905/2021), o della concessione di contributi per l’editoria, nell’ipotesi in cui non ci limiti a dichiarazioni non veritiere, ma si pongano in essere condotte ulteriori, come la costituzione ad hoc di una società cooperativa, l’alterazione dei dati relativi alla diffusione dei quotidiani, la sistematica sovrafatturazione per aumentare fittiziamente i costi (Cassazione, sentenza 13382/2021) nel quale la qualificazione giuridica ritenuta corretta è stata quella di truffa aggravata.

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