Imposte

Art bonus, penalizzanti i limiti per gli enti non commerciali

L'accesso al beneficio ad oggi non viene previsto per tutte le attività

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di Vincenzo Castellano e Marco Triolo

L’articolo 1 del Dl 83/2014 ha introdotto un credito d’imposta del 65% destinato a tutti i soggetti che, indipendentemente dalla natura e dalla forma giuridica, effettuano erogazioni liberali per sostenere gli interventi a tutela del patrimonio culturale e artistico pubblico (art bonus).

Il Ddl che ha istituito l’art bonus ha precisato che la norma mira, analogamente a quanto già previsto in materia di efficienza energetica (ecobonus), a costituire un’unica disciplina per le persone fisiche e giuridiche, superando l’attuale dicotomia, che vede la detrazione del 19% per le prime e la deduzione dalla base imponibile per le seconde; e ciò nell’ottica di reperire urgentemente risorse per garantire la tutela del patrimonio culturale e artistico della Nazione e lo sviluppo della cultura, ex articolo 9 della Costituzione.

Tuttavia, a oggi, le modalità di determinazione dell’art bonus variano a seconda del soggetto che effettua l’erogazione liberale.

Il beneficio è, infatti, riconosciuto alle persone fisiche e agli enti non commerciali nei limiti del 15% del reddito imponibile e ai soggetti titolari di reddito d’impresa nei limiti del 5 per mille dei ricavi annui.

Nell’impostazione odierna la norma appare discriminatoria; si pensi ai soggetti appartenenti alla categoria degli enti non commerciali privi di scopi di lucro (magari, per effetto della decommercializzazione ex articolo 148, comma 3, del Tuir) che non producono reddito imponibile e che però risultino operanti, anche per finalità statutarie, nel segmento dell’arte e della cultura.

Alle persone fisiche e agli enti non commerciali che producono redditi imponibili diversi da quelli soggetti ad imposta sui redditi (Irpef o Ires) è irragionevolmente preclusa la fruizione dell’art bonus. Ma se la ratio dell’art bonus dovrebbe essere quella di incentivare il finanziamento di azioni a sostegno del “patrimonio culturale pubblico”, perché escludere dall’ambito soggettivo del beneficio fiscale quelli che non producono redditi imponibili ai fini delle imposte dirette? Si tratta di una scelta incoerente oltre che illogica.

Allo stato attuale, il paradosso al quale si potrebbe concretamente giungere è quello di riconoscere l’art bonus a una società in perdita fiscale che non produce reddito imponibile, e di precludere, invece, l’accesso al beneficio a un soggetto che svolge attività mutualistiche senza scopo di lucro e privo di reddito imponibile ai fini delle imposte dirette, in tal modo rallentando l’attuazione dell’articolo 9 della Carta costituzionale e comprimendo enormemente il principio da cui discende l’onere costituzionale. L’auspicio è che venga, quindi, ampliato l’ambito soggettivo dell’art bonus – in analogia con la posizione recentemente espressa dalle entrate con la circolare 24/20 che ha chiarito che possono accedere al superbonus 110% anche i soggetti riconducibili all’articolo 73, comma 1, lettera c), del Tuir, inclusi i soggetti giuridici che non perseguono scopi di lucro, pur essendo assoggettati alla sola imposta Irap – con l’effetto costituzionalmente allineato di ricomprendere il maggior numero di possibili beneficiari a vantaggio della tutela del patrimonio storico e artistico, quest’ultimo inteso quale volano economico per la ripresa post emergenza Covid-19.

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