Base ristretta, il condono della società incastra il socio
Il provvedimento di mercoledì delle agenzie delle Entrate e delle Dogane sulla definizione dei Pvc pare escludere la possibilità che i soci di società di capitali a ristretta base azionaria, in presenza di violazioni emerse da Pvc redatti nei confronti della società, possano accedere a questa forma di sanatoria.
Riproponendo infatti la previsione normativa, il provvedimento evidenzia che solo i soci delle società che producono redditi in forma associata ovvero che hanno optato per la trasparenza (articoli 115 e 116 del Tuir) possono definire il Pvc.
A tale fine queste società devono:
• definire il Pvc per le imposte di propria competenza;
• fornire tempestivamente ai soci il prospetto di riparto contenente la quota di reddito assegnata nonché gli altri dati da riportare all’interno di vari quadri della relativa dichiarazione.
I soci, a loro volta, sulla base di questi dati, possono presentare, entro il 31 maggio 2019, la propria dichiarazione per la definizione del maggior reddito imputato per trasparenza. Per inciso, appare esclusa l’ipotesi inversa: il socio non può aderire al Pvc per il proprio maggior reddito derivante dalle rettifiche alla società contenute nel Pvc se la società stessa non vi aderisce
Resta invece non disciplinata, e verosimilmente esclusa da questa definizione, la posizione dei soci di società di capitali a ristretta base azionaria nei cui confronti sia stato redatto il Pvc.
Nella prassi, ormai avallata dalla giurisprudenza di legittimità, in caso di contestazioni fiscali a Srl o Spa a ristretta base azionaria, dalle quali consegua una disponibilità finanziaria “occulta” in capo all’ente (si pensi a vendite in nero o a costi oggettivamente inesistenti), gli uffici sono soliti contestare presuntivamente anche ai soci la violazione, sotto forma di dividendi non dichiarati proporzionati alla loro partecipazione societaria.
Ciò sulla base dell’evoluzione giurisprudenziale, secondo cui, stante la ristretta base azionaria e la disponibilità di somme non dichiarate, o la società prova la differente destinazione di queste somme, oppure si presumono incassate (quali dividendi) dai soci in base alla quota posseduta.
Sotto un profilo operativo l’ufficio, ricevuto il Pvc dai verificatori, emette il relativo avviso di accertamento sia in capo all’impresa, sia nei confronti dei soci, rettificando la propria dichiarazione Irpef e pretendendo maggiori imposte sulla base del dividendo presuntivamente incassato e (ovviamente) non dichiarato.
In queste ipotesi - che sono abbastanza numerose - alla definizione del Pvc potrà accedere soltanto la società e non i soci. Con la conseguenza che quest’ultimo dovrà, con ogni probabilità, definire in acquiescenza le violazioni che gli verranno contestate.
Occorre infatti considerare che se la società dovesse optare per la definizione del Pvc, il socio, pur nella consapevolezza che si tratta di posizioni autonome, ben difficilmente potrà difendersi con successo in contenzioso.
Peraltro, poiché la società ha presentato una dichiarazione integrativa (ancorchè priva di sanzioni) e non ha fatto un’acquiescenza o un’adesione con l’ufficio, sarà molto duro sostenere per il socio che la violazione in questione non sussista. Con ogni probabilità in queste ipotesi, il socio dovrebbe valutare, prima della notifica dell’avviso di accertamento, un ravvedimento della propria dichiarazione, corrispondendo le sanzioni ridotte, ed inserendo la quota parte dei dividendi che secondo il fisco non avrebbe dichiarato.
Resta, infine, il problema della destinazione del maggiore imponibile che la società ha fatto emergere in dichiarazione (ad esempio per effetto dell’inserimento di maggiori ricavi non dichiarati o di costi indebitamente dedotti perchè mai sostenuti derivando da fatture oggettivamente inesistenti). Il provvedimento non affronta la questione ma, se in qualche modo dovesse essere attribuita anche una rilevanza civilistica, occorrerebbe comprendere come regolarizzare le scritture contabili ed il bilancio.
Agenzia delle Entrate e delle Dogane, provvedimento 17776/2019