Concordato, la plusvalenza da cessione di beni «dribbla» le imposte
Concordato in continuità aziendale alla ricerca di esenzione per le plusvalenze. L'articolo 86, comma 5, del Tuir prevede l'irrilevanza di plus e minusvalenze derivanti dalla cessione di beni ai creditori nelle procedure di concordato. La norma, scritta prima dell’introduzione delle procedure di risanamento, dovrebbe potersi estendere anche alle cessioni di beni non strategici previste dall'attuale articolo 186-bis della legge fallimentare al fine di non gravare il risanamento della crisi con oneri fiscali immediati.
Cessione di beni ai creditori
In attesa di una revisione ad ampio raggio delle norme sulla crisi d’impresa, i contribuenti continuano a fare i conti con le molte criticità derivanti dalla mancanza di coordinamento tra regole fallimentari e disposizioni fiscali.
Una problematica di notevole impatto sorge con riferimento al possibile utilizzo dell'articolo 86, comma 5, del Tuir nelle procedure di risanamento e negli accordi di ristrutturazione del debito. La norma stabilisce, letteralmente, che la cessione dei beni ai creditori in sede di concordato preventivo non costituisce realizzo di plusvalenze e minusvalenze, comprese quelle relative a rimanenze ed avviamento.
L'ambito oggettivo di tale disposizione ha sollevato sin dall'origine svariati dubbi in relazione al dato testuale che parrebbe essere limitato a vendite realizzate nei confronti dei creditori della società, fattispecie che generalmente non si verifica, neppure nei tradizionali concordati con cessione di beni.
La Cassazione con alcune sentenze (in particolare, la n. 5112 del 1996 e la n. 22168 del 2006) ha da tempo chiarito che è infondata la tesi secondo la quale la norma in questione riguarderebbe solo la “cessione dei beni ai creditori” e non potrebbe essere quindi invocata anche per le vendite dei beni effettuate dal liquidatore per ricavare i mezzi liquidi necessari per soddisfare i creditori. La cessione dei beni ai creditori non comporta in sé, secondo la Cassazione, la realizzazione di alcuna plusvalenza posto che tale operazione, quale particolare modo di attuazione del concordato, non determina il trasferimento della proprietà dei beni ceduti, ma soltanto l'attribuzione, in favore degli organi della procedura, della legittimazione a disporre dei beni ceduti e a provvedere alla loro liquidazione al fine di realizzare il soddisfacimento dei creditori nella misura indicata. In questo senso, il debitore non perde il possesso dei beni ceduti e non vi è “realizzo”.
Concordati di risanamento
Chiarito (si veda anche la risoluzione 29/E/2004) che l'esenzione delle plusvalenze e l’indeducibilità delle minusvalenze riguardano in generale il trasferimento a terzi dei beni ceduti in esecuzione della proposta di concordato (concordato liquidatorio o con cessione di beni), resta invece irrisolto il dubbio se la norma, in qualche modo, possa estendersi a dismissioni straordinarie attuate nell'ambito di concordati con continuità aziendale o anche in accordi di ristrutturazione omologati.
L'articolo 186-bis, introdotto nella legge fallimentare molti anni dopo la scrittura del comma 5 dell'articolo 86, stabilisce che il piano di concordato in continuità può prevedere anche «la liquidazione di beni non funzionali all'esercizio dell'impresa», operazione per la quale non si vede alcun ragionevole motivo per un trattamento differenziato rispetto alle analoghe cessioni nei concordati liquidatori, anche se il tenore letterale, come detto, pare di ostacolo ad una simile estensione. Lo stesso, in presenza di accordi di ristrutturazione (articolo 182-bis legge fallimentare) interamente liquidatori nei quali, dunque, la società pone ad esclusiva disposizione dei creditori il ricavato della cessione di tutti i beni posseduti.