Credito Iva da rivalsa, l’estensione del privilegio sbarca alla Consulta
Rimessa alla Corte costituzionale la discussa questione dell’estensione del privilegio generale al credito per Iva da rivalsa maturato dal professionista. Con provvedimento del 19 giugno scorso il Tribunale di Udine ha sollevato questione di illegittimità costituzionale, giudicata «rilevante e tutt'altro che manifestamente infondata». La questione è nata dalla legge di Bilancio 2018 (n. 205/2017) che ha modificato l'articolo 2751 bis, n. 2, del Codice civile, prevedendo che il privilegio generale ivi disciplinato non riferisca solo ai compensi dei professionisti ma si estenda invece ai relativi contributo previdenziale e credito di rivalsa per l'Iva.
Se il primo inciso trova piena giustificazione nella necessità di riequilibrare una disparità di trattamento che vedeva beneficiare del privilegio la sola categoria dei commercialisti, la propagazione del privilegio generale antegrado al credito per Iva di rivalsa ha suscitato fin da subito non poche perplessità e dubbi di legittimità costituzionale. Il Tribunale di Udine ha evidenziato in via preliminare come le cause di prelazione rappresentino deroghe al diritto dei creditori, sancito dall'articolo 2741 del Codice civile, di soddisfarsi sui beni del debitore in egual misura, per poi riaffermare il principio, già in precedenza richiamato dalla Corte costituzionale, secondo cui le norme di legge che regolano tali deroghe possono essere sindacate con riguardo al principio di uguaglianza sancito dall'articolo 3 della Carta fondamentale e al connesso canone di ragionevolezza.
Muovendo da tale presupposto il giudice delegato ha rilevato come l'estensione al credito di rivalsa Iva del privilegio stabilito dall'articolo 2751-bis, n. 2 non sia conforme al principio di uguaglianza e al correlato canone di ragionevolezza perché da un lato non presenta alcuna affinità logica e giuridica con la funzione retributiva che tale privilegio generale tutela e, dall'altro, crea una palese sperequazione nei confronti di altre categorie di creditori incluse nello stesso n. 2 dell'articolo 2751bis («ogni altro prestatore d'opera»), o richiamate dai successivi numeri (agenti, coltivatori diretti, artigiani).
L'ordinanza in esame ha poi sottolineato come l'intervento del legislatore abbia finito per creare una sovrapposizione, se non proprio una duplicazione normativa, tenuto conto che il credito di rivalsa per l'Iva risulta già disciplinato in termini generali dall'articolo 2758, comma 2, Codice civile , che lo colloca tra i crediti per tributi indiretti e lo gratifica di un privilegio di natura speciale disciplinato dall'articolo 2778 del Codice civile, sui beni della cessione o ai quali si riferisce il servizio.
Proprio partendo dalla considerazione che tale specialità finisce sovente per rendere in concreto inoperante il privilegio in questione per determinate categorie di creditori, i cui servizi possono a fatica essere ricondotti a precisi beni rinvenibili nel patrimonio del debitore, il Tribunale di Udine ipotizza che l'intervento del legislatore sia stato ispirato dal proposito di rimediare a una disparità sostanziale riscontrata nella prassi, con l'effetto di determinare altre e più evidenti disuguaglianze di diritto.