Debiti tributari, la giurisprudenza riscrive la mappa sulla responsabilità dei soci
Le ultime sentenze completano il quadro su tutte le possibili questioni scaturite dall’estinzione delle società
La sentenza della Cassazione 37001/2022 del 16 dicembre, nonché l’ordinanza interlocutoria 35805/2022 del 6 dicembre (entrambe della sezione V tributaria), delineano un quadro completo di tutte le questioni concernenti le responsabilità dei soci e dei liquidatori per i debiti tributari aziendali, sorti - anche successivamente – in seguito all’estinzione della società da cui promanano.
Emerge sempre più chiaramente la difficile coesistenza degli articoli 2495 del Codice civile e 36 del Dpr n. 602/73 rispetto al principio generale della teorica autonomia patrimoniale delle società di capitali con la “sospensione fiscale” dell’estinzione societaria di cui all’articolo 28 comma 4 del Dlgs n. 175/2014.
Tra l’altro proprio l’ordinanza interlocutoria del 6 dicembre, ricostruendo il quadro storico, ha richiesto un possibile pronunciamento delle Sezioni unite ponendo la questione «se l’azione dell’amministrazione finanziaria nei confronti del liquidatore di una società ex art. 36 Dpr 602/73 presupponga l’accertamento del tributario e la sua iscrizione a ruolo».
Relativamente alla responsabilità dei liquidatori l’ordinanza di cui prima «richiede il verificarsi dei presupposti di imposta e l’inosservanza dei doveri del liquidatore con riguardo ai debiti tributari della società» e che «si tratta quindi di una obbligazione civile ex lege, per fatto proprio del liquidatore, autonoma» che diviene esercitabile solo quando l’imposta sia divenuta definitiva.
Rispetto invece alle responsabilità dei soci, la sentenza n. 37001/2022 afferma di non condividere «l’orientamento secondo cui spetta al Fisco dimostrare il presupposto della responsabilità dei soci e cioè che, in concreto, vi sia stata la distribuzione dell’attivo o la riscossione di una quota dell’attivo». Tuttavia questa affermazione non tiene conto delle nuove disposizioni di cui all’articolo 7, comma 5 bis del Dlgs n. 546/92, restringendo di molto la sua applicabilità al caso di specie.
La modifica legislativa sulla prova che l’amministrazione finanziaria dovrà esibire risolverebbe anche l’annoso problema degli accertamenti a ristretta base societaria nel caso di società estinte i cui effetti si riverbano sugli ex soci. Proprio la posizione processuale degli ex soci è stata oggetto di una ulteriore ed interessante presa di posizione da parte della Cassazione che nella sentenza di fine anno (la n. 38130 del 30 dicembre scorso) ha elaborato un importante principio di diritto, affermando che «la legittimazione dei soci di società estinta non viene meno per effetto dell’applicazione dell’articolo 28, comma 4 del Dlgs 21/11/2014, n.175, trattandosi di fictio iuris introdotta per precisa scelta del legislatore, ritenuta legittima da Corte cost. n.142/2020 e che ha inteso favorire l’adempimento dell’obbligazione tributaria verso le società cancellate entro il quinquennio dalla richiesta di cancellazione dal registro delle imprese, senza che abbia rilievo il fatto che i soci abbiano riscosso o meno somme in conseguenza del bilancio finale di liquidazione».
L’importante conseguenza di questo principio di diritto, elaborato dalla Cassazione, è che in capo agli ex soci è riconosciuta la legittimazione processuale ad intervenire in qualità di ex soci a prescindere dall’aver riscosso delle somme in sede di liquidazione societaria antecedente all’estinzione. E a proposito delle somme riscosse dai soci, resta tuttora irrisolta la questione su quale parte debba individuare e specificare l’entità delle imposte a debito eventualmente dovute ai sensi dell’articolo 2495 Cc terzo comma, dove l’onere probatorio, anche alla luce del comma 5-bis dell’articolo 7/546, dovrebbe spettare all’amministrazione finanziaria.