Controlli e liti

FISCO E SENTENZE/Le massime di Cassazione: indagini finanziarie, pro-rata Iva, spese di pubblicità

di Ferruccio Bogetti e Gianni Rota

Dalla giustificazione della differenza tra prelevamenti e versamenti bancari in seguito alle indagini finanziarie alle modalità di calcolo del pro-rata Iva. Dall’indeducibilità delle spese di sponsorizzazione all’associazione sportiva dilettantistica non iscritta al Coni alla prova contro le presunzioni supersemplici. Senza dimenticare il tema della crisi d’impresa con la competenza giudice fallimentare italiano se l’azienda senza più attività si è trasferita in un Paese dell’Unione europea. La rassegna delle principali sentenze di Cassazione in materia tributaria e societaria nella settimana dal 20 al 24 marzo.


ACCERTAMENTO E CONTENZIOSO

Spese di pubblicità deducibili solo con iscrizione al Coni
I corrispettivi corrisposti all’associazione sportiva dilettantistica entro il limite annuo di 200mila euro sono, per presunzione legale assoluta, spese di pubblicità ma per preservare la deducibilità il soggetto erogatore deve essere certo che l’associazione sportiva possa comprovare, in caso di verifica, il proprio status di associazione dilettantistica attraverso l’iscrizione al Registro del Coni.
Cassazione, sentenza 7202/2017

Senza esposizione in entrambi i bilanci finanziamenti fruttuosi per la partecipata
I finanziamenti erogati dalle società commerciali alle proprie partecipate si presumono sempre fruttiferi se dal bilancio della partecipata/finanziata non emerge che il versamento è stato contabilizzato nella voce di patrimonio netto “versamento dei soci in conto capitale” e se nel bilancio della partecipante/finanziatrice non vengono riportate precise indicazioni sull’effettiva natura infruttifera del finanziamento.
Cassazione, sentenza 7293/2017

Possibile ogni prova contraria contro le presunzioni supersemplici
Il contribuente accertato, anche in base a presunzioni supersemplici, a seguito all’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi, può sempre contrastare la pretesa fornendo qualsiasi tipo di prova contraria in grado di confutare l’ipotizzata natura reddituale dell’elemento considerato ai fini accertativi dall’Amministrazione in quanto la norma non individua in alcun modo la tipologia di prova contraria da fornire.
Cassazione, sentenza 7258/2017

Le spese di famiglia giustificano la differenza tra prelevamenti e versamenti bancari
La mancanza coincidenza tra quanto prelevato su un conto corrente e quanto versato su un altro conto corrente può legittimare l’accertamento in base ad indagini bancarie nei confronti del contribuente solo quando la differenza positiva, in assenza di spese straordinarie, non risulti compatibile rispetto alle esigenze familiari e personali.
Cassazione, sentenza 7259/2017

Il pro-rata di indetraibilità Iva si calcola sull’intero volume d’affari
In presenza di operazioni esenti, per verificare se una determinata operazione attiva rientri oppure no nell’attività propria dell’impresa per la sua inclusione nel calcolo del pro-rata Iva di indetraibilità non conta l’attività prevista nell’oggetto sociale dell’atto costitutivo bensì quella in concreto esercitata e dunque l’intero volume d’affari Iva senza neppure distinguere tra operazioni passive poste in essere per acquistare beni e servizi utilizzati per eseguire operazioni che danno diritto alla detrazione ed operazioni che non danno tale diritto.
Cassazione, sentenza 7654/2017

SOCIETÀ E BILANCI

No al risarcimento danni richiesto in sede concorsuale all’impresa in liquidazione coatta amministrativa
La richiesta di risarcimento danni avanzata innanzi al giudice ordinario nei confronti di un’impresa assicuratrice assoggettata a liquidazione coatta amministrativa, nel rispetto della par conditio creditorum, è sempre improcedibile perché può essere fatta valere solo in sede concorsuale in quanto il giudice può eventualmente decidere solo le possibili opposizioni allo stato passivo.
Cassazione, sentenza 7037/2017

Giudice fallimentare italiano per l’impresa in crisi senza più attività trasferitasi nella Ue
Non sussiste il difetto di giurisdizione del giudice italiano che assoggetta a fallimento un’impresa trasferitasi presso uno Stato comunitario se il trasferimento della sede legale è avvenuto dopo il manifestarsi della crisi d’impresa e non è stato seguito dalla continuazione della stessa attività già svolta in Italia oppure è stato seguito dallo svolgimento di un’attività non riconducibile a quella preesistente.
Cassazione, sentenza 7470/2017


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