Contabilità

Il fondo di dotazione figurativo della stabile organizzazione non sempre rileva fiscalmente

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di Chiara Vanni (studente del XIX master tributario del Sole 24 Ore)

Il fondo di dotazione figurativo della stabile organizzazione, così come individuato dall'Ocse (2010 Report on the attribution of profits to permanent establishment), non è sempre rilevante per il fisco. A sancirlo è la risoluzione n. 63/E/2014, che costituisce la risposta ad un interpello ordinario ex articolo 11 legge n. 212/2000 (Statuto del Contribuente).
Il parere dell'agenzia delle Entrate prende le mosse da un quesito avente a oggetto una fusione bancaria internazionale con stabile organizzazione in Italia. La casa madre del gruppo, società Beta di diritto inglese, opera in Italia attraverso due soggetti: un'entità giuridica autonoma, la società controllata Delta, e la stabile organizzazione Alfa (soggetto istante). In occasione di un'operazione di riorganizzazione aziendale, il patrimonio della società italiana incorporata (Delta) confluirà nella preesistente stabile organizzazione italiana (Alfa) della società incorporante.
In una normale fusione transfrontaliera, ad opera del richiamo all'articolo 172 comma 7 Tuir effettuato dall'articolo 181 dello stesso testo unico, il riporto delle perdite delle società coinvolte può avvenire nel limite del rispettivo patrimonio netto quale risultante dall'ultimo bilancio approvato o, se inferiore, dalla situazione patrimoniale ex articolo 2501-quater cc.
Quando nell'operazione è coinvolta una stabile organizzazione si pone il problema di definire quale sia, per tale entità, la misura del patrimonio netto rilevante. La stabile organizzazione non rappresenta infatti un entità giuridica autonoma assoggettata alla normativa civilistica italiana e agli obblighi di dotazione minima imposti dalla regolamentazione bancaria in materia. La predisposizione del rendiconto, richiesto ai sensi dell'articolo 14 comma 5 del Dpr n. 600/73, porta all'emersione del “fondo di dotazione effettivo”, ma lo stesso non ha un'autonoma valenza giuridica, se non quella asservente alla determinazione del free capital, rilevante ai fini fiscali per la determinazione del reddito attribuibile all'entità ed assoggettabile a tassazione in Italia.
In tal senso il rapporto Ocse individua dei metodi per l'attribuzione alla stabile organizzazione del “fondo di dotazione figurativo”, ossia una determinazione teorica di mezzi propri proporzionata alla struttura patrimoniale e all'attività esercitata, tale da non implicare un eccessivo indebitamento della stabile nei confronti della casa madre, con conseguente spostamento di parte del reddito imponibile nello stato di residenza di quest'ultima. Nel caso dei soggetti bancari, l'approccio più spesso usato è la “quasi thin capitalization”, in cui si fa riferimento alla disciplina regolamentare, in particolare ai requisiti patrimoniali di vigilanza imposti dalla Banca d'Italia. La questione nasce, il più delle volte, in occasione di accertamenti aventi ad oggetto la deducibilità, da parte della stabile italiana, degli interessi passivi sostenuti per finanziamenti ricevuti dalla madre non residente. La stessa istante dichiara di aver subito una verifica fiscale di tale tenore in precedenti periodi d'imposta conclusasi, in sede di conciliazione giudiziale, con la determinazione del free capital sulla base dei requisiti di patrimonializzazione minima imposti dalla regolamentazione italiana in materia di vigilanza prudenziale.
Sulla base di tali assunti l'istante chiede di poter adottare gli stessi criteri anche per determinare il patrimonio netto rilevante per la fruibilità delle perdite pregresse ai sensi dell'articolo 172 Tuir.
Netta la risposta della Direzione centrale normativa dell'agenzia delle Entrate che, nel riportare come la norma in oggetto sia tesa ad evitare il commercio delle “bare fiscali”, afferma che l'ammontare rilevante per una stabile organizzazione di un soggetto non residente è rappresentato dal fondo di dotazione contabile, come risultante dall'ultimo rendiconto di cui all'articolo 14 comma 5 del Dpr 600/73.
La posizione fa sorgere qualche perplessità: se è vero, come detto, che l'unica valenza della contabilità sezionale prescritta dal citato articolo è quella fiscale e se, a tal fine, il valore attribuito al patrimonio netto viene rideterminato dall'amministrazione per la determinazione del reddito secondo precisi criteri, sembra difficile poter immaginare un ulteriore valore, con altrettanta valenza fiscale ma di diversa determinazione, posto a base delle considerazioni ex articolo 172 comma 7 del Tuir.
L'unica difesa del contribuente di fronte a tale assunto sembra quindi essere l'azione preventiva, con la predisposizione di un rendiconto ex articolo 14 comma 5 Dpr n. 600/73 che già sia strutturato secondo le linee guida sulla valorizzazione del patrimonio netto dettate in ambito comunitario per le stabili organizzazioni.

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