IL FORUM CON L’AGENZIA/4 - Pagamenti anticipati con deduzione del costo per cassa
In caso di pagamento anticipato, il criterio di cassa prevale sulla contabilità Iva. Una risposta fornita dalle Entrate durante il forum di ieri ha fissato il principio che, in presenza del pagamento della spesa ad esempio nel 2017 con fattura ricevuta e registrata nel 2018, si genera un costo deducibile nel 2017. Ciò riguarda i contribuenti in regime di contabilità semplificata, che non abbiano optato per il metodo della registrazione.
Qualora, ad esempio, l’acquisto di una merce la cui consegna e pagamento siano avvenuti nel 2017, ma la fattura differita sia stata emessa entro il 15 gennaio 2018 e quindi registrata in tale anno dall’acquirente, siccome il pagamento è avvenuto nell’anno della consegna, il costo è deducibile nel periodo di imposta del pagamento. In sostanza l’Agenzia non ritiene che abbia supremazia la contabilità Iva come invece appare dalla lettura del comma 4, dell’articolo 18 del Dpr 600/1973. Tale disposizione prevede che i registri Iva sostituiscono i registri degli incassi e pagamenti; in luogo delle singole annotazioni degli incassi e pagamenti qualora il movimento finanziario non sia avvenuto nell’anno di registrazione, deve essere riportato l’importo complessivo dei mancati incassi e pagamenti. In tal caso i ricavi percepiti e i costi sostenuti vanno annotati nell’anno dell’incasso e pagamento indicando il documento contabile già registrato.
L’ipotesi del pagamento anticipato non è contemplata dalla norma e quindi si poteva ritenere che prevalesse la registrazione della fattura. Invece l’Agenzia è di avviso contrario e sancisce anche il percorso inverso; in sostanza occorre integrare il registro Iva relativo all’anno del pagamento con la fattura relativa, ancorché ricevuta e registrata nell’anno successivo. Si tratta di un’annotazione che non deve alterare la contabilità Iva, ma di una rettifica valida ai soli fini della determinazione del reddito.
Ma nell’anno del debutto del regime di cassa per le imprese minori emergono altri problemi.
Infatti un secondo chiarimento riguarda la gestione delle rimanenze dii magazzino in caso di passaggio al regime di contabilità ordinaria. Il caso è quello del contribuente che ha operato in regime di contabilità semplificata nel quale le rimanenze di merci non sono un costo deducibile (ed eccezione dell’anno 2017) e che in un periodo di imposta successivo passa al regime ordinario. In caso di passaggio al regime di contabilità ordinaria le rimanenze di merci il cui costo sia stato dedotto nell’applicazione del regime di cassa, non dovranno assumere rilevanza come esistenze iniziali al momento della fuoriuscita .
Ciò che è complicato è la successiva gestione del costo delle rimanenze che ove si tratti di beni fungibili non è materialmente possibile seguirne analiticamente le sorti. In sede di passaggio al regime di contabilità ordinaria occorre inserire il valore delle rimanenze nel prospetto di attività e passività (Dpr 689/74), ma le stesse non assumono rilievo fiscale. L’Agenzia precisa che tali rimanenze non assumeranno rilevanza fiscale neppure alla fine del periodo di imposta in cui si è applicato il regime ordinario creando un disallineamento dei valori che perdurerà finché le rimanenze indeducibili siano presenti in magazzino. L’Agenzia non aggiunge altro.
Il meccanismo, a parere di chi scrive, è accettabile operando per masse e non analiticamente. Nel senso che se le rimanenze finali dell’ultimo anno di applicazione del regime di cassa erano pari a 100, se alla fine dell’anno successivo sono 105, non si genera alcun costo indeducibile; ciò ancorchè i singoli beni giacenti al 1° gennaio siano stati sostituiti da altri a fine periodo d’imposta per la normale rotazione del magazzino. In sostanza anche con riferimento all’ammontare complessivo delle rimanenze si deve adottare il criterio del Lifo e quindi si considerano consumate le ultime merci entrate. Riprendendo l’esempio, invece, se le rimanenze finali sono 90 in quell’esercizio, si genera un costo indeducibile per 10.
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