Interessi extra per morosità nell’affitto: il Fisco chiede 200 euro sulla clausola
Le pattuizioni inserite nel contratto di locazione per disporre la maggiorazione degli interessi legali in caso di mancato pagamento del canone scontano, al pari della clausola penale, un’autonoma imposta di registro. È questa la posizione di alcuni uffici territoriali che stanno notificando avvisi di liquidazione per richiedere - in solido a locatore e conduttore - l’imposta di registro di 200 euro, oltre a interessi e sanzioni, per questo tipo di clausola apposta a contratti di affitto già registrati.
Generalmente, in un contratto di affitto, per tutelarsi da eventuali inadempimenti o da risoluzioni anticipate, le controparti prevedono, volontariamente, l’inserimento in esso di una clausola penale, di una caparra confirmatoria o di altre pattuizioni. La clausola penale (articolo 1382 Codice civile) stabilisce, in via preventiva, la somma che dovrà essere corrisposta da una delle parti all’altra in caso di inadempimento. La caparra confirmatoria (articolo 1385 Codice civile), invece, implica il versamento anticipato della somma che, in caso di inadempimento, il locatore potrà trattenere o dovrà restituire in misura doppia.
Le norme tributarie
Tuttavia se, sotto il profilo civilistico, le due previsioni contrattuali sono autonomamente ed esplicitamente regolamentate, non si può dire lo stesso sotto il profilo fiscale. Ai fini del registro, infatti, il Dpr 131/86 individua solo il trattamento impositivo applicabile alla caparra confirmatoria, prevedendone l’assoggettamento a imposta di registro proporzionale nella misura dello 0,50% (nota all’articolo 10 della Tariffa, Parte I allegata al Dpr 131/86). Il medesimo Dpr 131/86, invece, non prevede espressamente il regime applicabile alla clausola penale. Il silenzio della norma, dunque, può indurre i contraenti a non assoggettare la clausola penale a un’autonoma e ulteriore imposta di registro e a versare soltanto quella per la registrazione del contratto di affitto.
L’agenzia delle Entrate, sin dai tempi della risoluzione 91/E del 2004, ha sostenuto che alla clausola penale si applica, per analogia, la disciplina degli atti sottoposti a condizione sospensiva (articolo 27, Dpr 131/86), con la conseguenza che essa “paga”, al momento della registrazione, l’imposta in misura fissa di 200 euro e, al momento della esplicazione dei suoi effetti, l’imposta proporzionale nella misura del 3% al netto dei 200 euro già versati.
L’ulteriore complicazione
A rendere ancora più complicato il contesto, da ultimo è la prassi seguita da alcuni uffici che, ritenendo assimilabile alla clausola penale la pattuizione che prevede la maggiorazione degli interessi legali in caso di ritardato pagamento del canone o degli oneri accessori, richiedono alle parti contraenti (in qualità di obbligati in solido) mediante notifica degli avvisi di liquidazione, il versamento di un’ulteriore imposta di registro di 200 euro e interessi, con contestuale irrogazione della sanzione pari a 60 euro (corrispondente al 30% dell’imposta non versata).
Secondo gli uffici accertatori, infatti, si tratterebbe di una clausola penale che «assume natura autonoma, seppure a carattere accessorio, rispetto al contenuto e alla causa del contratto principale in relazione al quale non ha un rapporto di necessario collegamento e interdipendenza».
Le contromosse
Ai fini di difesa in sede di impugnazione dell’atto impositivo mediante reclamo-mediazione o, prima, mediante istanza di autotutela, sarà opportuno far rilevare che la pattuizione con cui viene prevista la maggiorazione degli interessi legali non configura una autonoma obbligazione, scaturendo direttamente dall’obbligo, in capo al conduttore, del pagamento del canone. Pertanto, trattandosi di obbligazioni che derivano direttamente le une dalle altre, queste non possono essere tassate autonomamente a norma dell’articolo 21 del Dpr 131/86.
Se per assurdo si volesse poi ritenere la pattuizione alla stregua di una clausola penale, sul regime fiscale applicabile a quest’ultima la giurisprudenza di merito non è univoca. Alcuni Collegi hanno ritenuto che la clausola penale vada assoggettata ad autonoma e ulteriore tassazione ai fini del registro «assumendo natura autonoma, seppure a carattere accessorio, rispetto al contenuto e alla causa del contratto principale in relazione al quale non ha un rapporto di necessario collegamento e interdipendenza» (Ctp Pavia, sentenza 66/2018); altri hanno rigettato la pretesa degli uffici, ritenendo che l’imposta in misura fissa sia dovuta comunque una sola volta in relazione all’unico atto soggetto a registrazione, in quanto «la formalità della registrazione è unica ed è avvenuta inscindibilmente tanto con riguardo all’obbligazione principale quanto con riguardo alla clausola penale inserita nell’unico contratto registrato» (Ctp Torino, sentenza 98/2009).