Intermediari finanziari, doppia verifica fiscale e antiriciclaggio
Più delicata la posizione di banche e istituzioni finanziarie sotto il duplice profilo degli adempimenti fiscali e antiriciclaggio quando si tratta di clienti con residenza fiscale estera. Con l’entrata in vigore del Dlgs 60/2018 – attuativo della direttiva DAC 5 – adeguata verifica antiriciclaggio e adeguata verifica fiscale vengono, infatti, a sovrapporsi.
I soggetti obbligati
La normativa relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo (Dlgs 231/2007 e successive modificazioni) annovera le banche e le società di intermediazione mobiliare, Poste italiane Spa, le società di gestione del risparmio, le società finanziarie e quelle fiduciarie, tra i cosiddetti soggetti obbligati, ossia tra coloro che sono tenuti ad adempiere agli obblighi antiriciclaggio, quali gli obblighi di adeguata verifica della clientela, quelli di conservazione e di segnalazione, solo per citare i più importanti. Le stesse norme a garanzia dell’adempimento dei predetti obblighi prevedono l’applicazione di sanzioni sia di natura penale che di natura amministrativa che possono essere anche particolarmente onerose, specie nei casi di violazioni gravi, ripetute, sistematiche o plurime.
Ma gli intermediari finanziari che abbiamo visto rientrare nella categoria dei soggetti obbligati ai sensi della normativa antiriciclaggio sono i medesimi che la legge 95/2015 individua come destinatari degli obblighi di adeguata verifica ai fini fiscali nei confronti di clienti con residenza fiscale estera. Tali obblighi consistono nella identificazione, all’atto dell’apertura di un conto finanziario da parte di un soggetto, persona fisica, non residente (o di un cittadino statunitense ovunque residente), tramite l’acquisizione del codice fiscale, di una attestazione di residenza fiscale (codice fiscale statunitense e attestazione di residenza fiscale statunitense per i cittadini statunitensi ovunque residenti) nonché delle generalità, del luogo, della data di nascita e dell’indirizzo (ovvero della documentazione attestante la cittadinanza per i cittadini statunitensi).
Per le persone giuridiche deve essere acquisita la denominazione sociale o la ragione sociale nonché la sede legale (articolo 5 della legge 95/2015). Inoltre, le medesime istituzioni finanziarie, all’atto dell’apertura di un conto finanziario da parte di entità non finanziarie passive ovunque residenti, debbono altresì procedere all’identificazione delle persone fisiche che esercitano il controllo sulle predette entità.
Gli organi di controllo
Ora, il Dlgs 60/2018, dispone che l’accesso ai documenti, ai dati e alle informazioni acquisite in assolvimento dell’obbligo di adeguata verifica della clientela ai sensi dell’articolo 18 della Legge antiriciclaggio è consentito anche «nello svolgimento dei controlli finalizzati alla verifica del corretto adempimento delle procedure di adeguata verifica ai fini fiscali, previste in attuazione della legge 18 giugno 2015, n.95». Tuttavia, nel caso in cui le informazioni Aml (anti money laundering) siano nella disponibilità di banche o di istituzioni finanziarie, non sembra che l’agenzia delle Entrate possa avvalersi della Guardia di finanza (si veda il nuovo articolo 3, comma 3-ter, del Dlgs 29/2014), cosa che invece può avvenire per gli altri soggetti obbligati previsti dalle norme antiriciclaggio. Pertanto, mentre questi ultimi restano assoggettati ai controlli delle Entrate e della Guardia di finanza che in tal senso sono chiamate dalle nuove norme a stipulare una apposita convenzione per la regolamentazione dei loro reciproci rapporti, per le banche e le altre istituzioni finanziarie, organi di controllo restano l’Autorità di vigilanza di settore e l’agenzia delle Entrate.
L’utilizzabilità dei dati
Viene, invece, meno la rigida delimitazione dell’ambito operativo degli accertamenti, in quanto le nuove norme consentono di utilizzare le evidenze acquisite in sede antiriciclaggio anche in vista dei controlli inerenti il corretto assolvimento della adeguata verifica ai fini fiscali, ma anche viceversa ossia la possibilità di utilizzare i dati antiriciclaggio ai fini fiscali facoltà già prevista dalla normativa antiriciclaggio (articolo 9 del Dlgs 231/2007). Questa doppia utilizzabilità dei dati fiscali e antiriciclaggio necessiterebbe di un dialogo costante e un eventuale rafforzamento dei canali informativi anzitutto tra agenzia delle Entrate e Autorità di vigilanza del settore per evitare la moltiplicazioni di procedimenti effettuati su rilievi meramente formali, non sempre infatti la figura del titolare effettivo coincide con quella di contribuente .
Un “fluido” scambio di informazioni sarebbe necessario anche allo scopo di una applicazione ragionata delle sanzioni, rispettosa tanto del principio di proporzionalità quanto di quello del ne bis in idem sostanziale. Non va, infatti, dimenticato che l’inadempimento degli obblighi di adeguata verifica fiscale è punito con una sanzione amministrativa pecuniaria che può andare da 2mila a 21mila euro (articolo 9 della legge 95/2015), alla quale potrebbero aggiungersi quelle non meno gravose previste per la violazione degli obblighi Aml. Pertanto, anche sul versante della compliance aziendale le nuove norme richiederanno probabilmente degli adeguamenti finalizzati a una più efficiente collaborazione tra le funzioni antiriciclaggio e fiscale.
Isa 2025, via alla richiesta delle variabili precalcolate
di Fabio Giordano, comitato tecnico AssoSoftware
Imu, stop alla dichiarazione dal 2026 se il Comune può verificare i dati
class="conParagrafo_R21"> Luigi Lovecchio