Iva, ecco perché l’imposta non detratta è un costo deducibile
La stretta sul termine per esercitare il diritto alla detrazione Iva, ridotto a quattro mesi dalla manovrina (articolo 1 del Dl 50/2017) ha creato più di un problema agli operatori. E si tratta di questioni che rimarranno sul tavolo, sia pure attenuate, anche con l'eventuale allungamento del termine, contenuto negli emendamenti proposti alla legge di Bilancio 2018 (si veda Il Sole 24 Ore del 2 novembre).
Nell'ipotesi di registrazione della fattura di acquisto successivamente al termine di legge, il contribuente dovrebbe conservare il diritto a considerare in deduzione – quale costo ai fini delle imposte sui redditi – l'Iva non recuperata. Sembra questa l'interpretazione corretta, alla luce di quanto precisato in passato dalle Entrate con le circolari 6/E del 2009 e 25/E 2010. Il nuovo testo dell'articolo 19 del Dpr 633/1972 prevede che «il diritto alla detrazione dell'imposta relativa ai beni e servizi acquistati o importati sorge nel momento in cui l'imposta diviene esigibile ed è esercitato al più tardi con la dichiarazione relativa all'anno in cui il diritto alla detrazione è sorto».
Poniamo il caso in cui una partita di merce venga consegnata il 30 dicembre 2017. L'Iva è esigibile a partire del medesimo anno e la detrazione del tributo andrà fatta valere nello stesso periodo di imposta. Pertanto, se la fattura di acquisto sarà registrata a febbraio 2018, l'Iva a credito dovrà risultare dalla dichiarazione Iva annuale relativa al periodo 2017.
Bisogna però capire quali effetti produce ai fini delle imposte sui redditi la registrazione tardiva, in particolare quando il documento dovesse essere registrato dopo la scadenza del termine previsto per la prestazione della dichiarazione Iva annuale, quindi dopo il 30 aprile del 2018 (con la perdita del diritto alla detrazione dell'Iva).
Diciamo subito che, pur in attesa di istruzioni ufficiali, non sembra sussistano ostacoli a considerare l'Iva non detratta come componente negativo di reddito. La circolare 6/E del 2009 ha precisato che il contribuente non può considerare in deduzione quale costo l'Iva non detratta se tale mancata detrazione dipende da una sua scelta, quindi nel caso in cui non abbia richiesto l'emissione della fattura laddove il soggetto prestatore non sia obbligato ad emetterla autonomamente. La fattispecie riguardava la documentazione del costo con la ricevuta rilasciata da alberghi e ristoranti.
Nel nostro esempio, però, la situazione è diversa. Il contribuente potrebbe non aver detratto l'Iva non per sua scelta, ma semplicemente perché ha ricevuto il documento di acquisto in ritardo, cioè oltre il termine di presentazione della dichiarazione annuale Iva. Per tale ragione la registrazione sarebbe stata effettuata dopo il termine utile per esercitare il diritto alla detrazione del tributo.Va poi considerato che con la successiva circolare 25/E del 2010 l'Agenzia ha parzialmente corretto il tiro. Secondo tale ultimo chiarimento, l'Iva può essere considerata in deduzione quale costo se il contribuente non ha considerato in detrazione l'Iva non per una sua libera scelta, ma solo sulla base di valutazioni di convenienza economico-gestionale. In buona sostanza, se l'attività di recupero della fattura non ancora ricevuta entro la data del 30 aprile del 2018, con l'invio di continui solleciti al cedente/prestatore, dovesse rivelarsi più dispendiosa rispetto al beneficio della detrazione, la deduzione del costo sarebbe sicuramente corretta