La rottamazione si «deduce» in Redditi 2018
Rottamazione dei ruoli 2017 con vista sulla prossima Dichiarazione dei redditi. Chi ha fatto accesso alla sanatoria, infatti, potrebbe aver versato somme deducibili dal reddito tassabile e quindi fruire di un risparmio fiscale che attenua l’esborso della rottamazione. La gestione di tali oneri in dichiarazione (730 o modello Redditi), presenta alcuni aspetti critici su cui occorre porre attenzione. Vediamo i principali.
Le somme rottamate
Il caso tipico che darà origine ad un rimborso Irpef è quello che riguarda la rottamazione di ruoli che avevano ad oggetto i contributi previdenziali. Ricordiamo che sono deducibili dal reddito complessivo Irpef i contributi indicati nell’articolo 10 del Tuir, versati obbligatoriamente a Casse professionali, all’Inps da artigiani, commercianti, lavoratori autonomi senza una specifica Cassa professionale; all’Enasarco, per la quota a carico di agenti e rappresentanti di commercio. Rientrando in queste casistiche, quindi, l’onere è certamente deducibile dal reddito. Il secondo presupposto per poter fruire della deduzione Irpef dei citati oneri è che essi siano effettivamente sostenuti. In pratica, quindi, la deducibilità del costo dal reddito, segue una rigida applicazione del principio di cassa, a prescindere dal momento in cui sia maturato il debito previdenziale. Quindi nella dichiarazione dei reddito 2018 sono deducibili i contributi previdenziali pagati nel corso del 2017 anche se riferiti ad annualità precedenti.
Più complicato è il tema che attiene alla deducibilità delle somme rottamate attinenti al contributo sanitario nazionale (la cosiddetta «tassa salute», abrogata dall’articolo 36 del Dlgs 446/1997 in tema di Irap). Non vi è dubbio che il contributo fosse all’epoca obbligatorio per legge ma c’è da interrogarsi se l’articolo 10 del Tuir nella versione attualmente in vigore ne consenta la deducibilità. Il problema appare superabile ricomprendendo tale onere nella locuzione «contributi assistenziali versati in ottemperanza a disposizioni di legge» prevista nella lettera e) del comma 1 dell’articolo 10 del Tuir. Tale tesi è supportata dal fatto che le istruzioni alla compilazione delle dichiarazioni dei redditi degli anni in cui il versamento della «tassa salute» era obbligatorio, dicevano espressamente che l’onere rientrava nella voce «Contributi previdenziali e assistenziali obbligatori». Per questa via, quindi, la deducibilità appare possibile. Né appare dirimente in senso negativo sul punto, il fatto che il Dl 102/2013 abbia previsto l’indeducibilità ai fini Irpef del contributo al servizio sanitario nazionale connesso alle polizze Rca a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2014. Si tratta, infatti, di questione diversa.
Delicato è anche il punto che attiene al trattamento degli altri oneri che nell’ambito della rottamazione dei ruoli, sono in qualche modo accessori alle predette somme (ci riferiamo in particolare all’aggio esattoriale e agli interessi) in merito al quale si rimanda all’altro articolo in pagina.
Segnaliamo anche che per isolare la quota costo deducibile nella dichiarazione dei redditi, non può essere utilizzato il prospetto di sintesi che Equitalia (ora agenzia delle Entrate-Riscossione) ha inviato ai soggetti che hanno fatto ricorso alla rottamazione. Nel prospetto infatti, è, indicato un importo di “carico” che attiene al debito originario comprensivo di sanzioni (eliminate con la rottamazione) e il «debito da pagare per la definizione» è la somma complessivamente dovuta e quindi lordizzata di interessi ed oneri. Per determinare la quota deducibile in dichiarazione dei redditi, quindi, occorrerà avere la documentazione originaria o disporre dell’estratto di ruolo.
L’importo deducibile
Un secondo problema è quello che attiene all’individuazione dell’importo deducibile per i tanti che hanno scelto di rottamare rateizzando le somme dovute. Logica vuole in quest’ambito che l’importo dell’onere deducibile sarà ragguagliato al debito versato nel corso del 2017 rispetto al debito complessivo.