Controlli e liti

Liti pendenti, l’istanza di definizione parte con posta elettronica certificata

Domanda tramite Pec fino all’attivazione del servizio telematico. Ogni valutazione va rapportata alla data del 1° gennaio 2023

di Laura Ambrosi e Antonio Iorio

Tutto pronto per la richiesta della definizione delle liti pendenti. La domanda, fino a all’attivazione del servizio di trasmissione telematico, può essere presentata anche con Pec. L’agenzia delle Entrate con provvedimento 30294/2023 ha approvato le istruzioni e il modello di domanda per la chiusura delle liti. Il modello riguarda le controversie con l’agenzia delle Entrate e pertanto occorre attendere quello relativo alle liti con l’agenzia delle Dogane.

Le regole base

La domanda di definizione va presentata, per ciascuna controversia autonoma, da chi ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o da chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione. Sono definibili tutte le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria, in cui è parte l’Agenzia delle entrate, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in cassazione e anche a seguito di rinvio.

Fino a quando non sarà attivato il servizio di trasmissione telematica è consentita la presentazione della domanda tramite Pec all’ufficio che è parte nel giudizio. Successivamente, attivato cioè il servizio di trasmissione telematica, non saranno ammesse modalità di presentazione diverse da quelle telematiche (direttamente o tramite intermediario) neanche mediante servizio postale, posta elettronica ordinaria o certificata.

La data rilevante

La data rilevante è il 1° gennaio 2023 (entrata in vigore della legge 197/2022). Ne consegue che ogni valutazione va rapportata a tale momento. Ciò comporta l’irrilevanza di quanto accaduto al giudizio pendente, dopo il 1° gennaio scorso, salvo evidentemente una pronuncia definitiva della Cassazione (si veda l’altro articolo in pagina).

Quindi, ad esempio, se per una controversia vi è stata l’udienza in primo grado a dicembre 2022 e la relativa sentenza è stata depositata nei giorni scorsi (dopo il 1° gennaio), ai fini della definizione non rileverà l’esito di tale sentenza, ma la pendenza del giudizio in primo grado (quindi occorrerà definire col pagamento del 90 % delle maggiori imposte pretese).

Il ricorso in primo grado

Viene rimarcata la differenza tra ricorso introduttivo di primo grado notificato all’agenzia delle Entrate entro il 1° gennaio, e l’iscrizione a ruolo presso la Corte di giustizia tributaria alla medesima data di tale ricorso

Nel primo caso, infatti la definizione prevede il pagamento del 100% delle maggiori imposte pretese, nel secondo il 90 per cento.

Circostanza non chiarita concerne eventuali ricorsi/reclami presentati dai primi giorni di ottobre in poi per i quali non era possibile effettuare l’iscrizione a ruolo in Cgt prima dei 90 giorni (cioè dopo il 1° gennaio) e quindi destinati a essere definiti col pagamento del 100 per cento.

Per queste ipotesi alcuni contribuenti, in previsione della definizione, hanno comunque effettuato la costituzione in giudizio in Cgt (ancorché non fossero trascorsi i 90 giorni). Sarebbe interessante conoscere se ai fini della definizione l’Agenzia ritenga rilevante la mera iscrizione a ruolo (pagando il 90%) ovvero non debba considerarsi la “forzatura” dell’anticipata iscrizione a ruolo (definizione col pagamento del 100%).

Scomputo dei versamenti

Per quanto concerne il versamento del dovuto le istruzioni si limitano a evidenziare che occorre scomputare tutti gli importi pagati a qualsiasi titolo, di spettanza dell’ente impositore, prima della presentazione della domanda di definizione, purché non siano state oggetto di rimborso, mentre sono esclusi gli importi di spettanza dell’agente della riscossione (aggi, spese per le procedure esecutive, spese di notifica, eccetera).

Da rilevare che secondo i chiarimenti dell’agenzia delle Entrate per le precedenti definizioni non sono scomputabili le somme versate per l’acquiescenza delle sanzioni prima dell’impugnazione dell’atto.

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