Lotta all’evasione, meglio l’uso dei dati in chiave preventiva dei controlli successivi
È arrivato forse il momento di compiere una valutazione complessiva sul redditometro. Su questo strumento di accertamento sintetico, che cerca di mettere in relazione i consumi con il reddito presunto, si è molto spinto negli ultimi tempi, anche a livello mediatico, e sulla sua evoluzione sono state investite ingenti risorse. L’intuizione di fondo, alla base del processo di controllo, è corretta: se un individuo ha una Ferrari e dichiara un imponibile basso o addirittura inesistente è un contribuente sospetto perché tra spese e reddito è giusto ritenere che esista un legame naturale. La considerazione critica sta nell’aver creduto, anche attraverso l’affinamento statistico dei dati su cui effettuare le varie analisi, di poter costruire, nel rispetto della correttezza tecnica e della sostenibilità giuridica, uno strumento presuntivo di facile gestione e di alta efficacia.
La strada della crescita dell’impiego del fattore tecnologico da parte delle Entrate nella lotta all’evasione va considerata positivamente, ma la direzione da seguire è quella dell’impiego integrato e coordinato delle numerose informazioni a disposizione del Fisco. È infatti anche grazie all’incrocio delle varie banche dati che si sono registrati i buoni risultati degli ultimi anni. Un’importante piattaforma di studio per Ernesto Maria Ruffini e per i nuovi vertici di via Cristoforo Colombo, recentemente insediatisi, è costituita proprio dall’utilizzo di questa miriade di informazioni in modo attivo, non solo in chiave di accertamento, ma anche in via preventiva, per spingere il contribuente a far emergere il sommerso e a dichiarare correttamente i propri redditi.
Si deve cominciare a lavorare in una diversa ottica e a rendersi conto che l’obiettivo dell’attività di accertamento e controllo non può essere solo quello di recuperare il gettito sottratto, ma anche e soprattutto, quello di incentivare l’adempimento spontaneo (tax compliance) dei contribuenti. È necessario convincersi che con la sola strada della repressione non si raggiungerà mai l’obiettivo di un sano e moderno confronto con il contribuente. È quindi opportuno un profondo ripensamento su strumenti complessi, onerosi e di difficile gestione come quello del redditometro. Un istituto, questo, che, considerati anche i pesanti oneri burocratici sui cittadini, non ha certamente rappresentato un passo avanti nella giusta direzione. Si è cercato un effetto di “deterrenza correttivo” per ottenere un incremento spontaneo della base imponibile dichiarata, ma, al contrario, si sono rischiate reazioni che avrebbero potuto contribuire a una ulteriore contrazione dei consumi, senza portare reali incrementi di gettito per l’Erario.
L’evasione è uno dei principali freni alla crescita, riduce le risorse per le politiche sociali, crea distorsioni nella concorrenza e aumenta la pressione fiscale. Una buona lotta all’evasione si realizza con molti strumenti: con una diversificata intensità settoriale, economica e geografica, con tempi e modalità che riescano ad abbattere nei contribuenti il muro della sfiducia e li convincano che pagare le imposte non solo è un dovere civico ma è anche conveniente sul piano economico e sociale. La migliore lotta all’evasione si fa con una vera semplificazione degli strumenti in mano al Fisco e degli adempimenti che gravano sui cittadini.