Market abuse, confisca retroattiva
La Consulta salva la retroattività della confisca per equivalente per i casi di abuso di informazioni privilegiate. La sentenza 68 depositata ieri ha infatti giudicato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale presentate dalla Cassazione. Con sei ordinanze di analogo contenuto, la Cassazione aveva impugnato la previsione (articolo 187 sexies del decreto legislativo 58 del 1998 e articolo 9, comma 6, della legge 62 del 2005) di applicazione della misura della confisca per equivalente anche alle violazioni commesse prima della data di entrata in vigore della depenalizzazione del 2005.
La sentenza svolge innanzitutto una lunga disamina dell’istituto della confisca per equivalente, per concludere, in armonia con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che si tratta in buona misura di una pena: «la confisca per equivalente prevista dall’articolo 187-sexies impugnato condivide il tratto essenziale proprio delle altre ipotesi di confisca di valore finora vagliate dalla giurisprudenza di legittimità e anche da questa Corte (ordinanze 301 e 97 del 2009), con specifico riferimento al caso regolato dall’articolo 322-ter del codice penale. Essa si applica a beni che non sono collegati al reato da un nesso diretto, attuale e strumentale, cosicché la privazione imposta al reo risponde a una finalità di carattere punitivo, e non preventivo».
La Consulta ricorda poi che al legislatore è vietato introdurre per il passato una sanzione che si va ad aggiungere al trattamento che già era previsto. Un effetto che la Corte costituzionale aveva già censurato nel 2009 escludendo un applicazione retroattiva della confisca di valore nel settore dei reati tributari. La Cassazione si è mossa su questa linea, ritenendo che una nuova pena retroattiva sia stata introdotta nell’ordinamento. Non è così, però, puntualizza la Corte costituzionale.
Questi i termini della questione: l’abuso di informazioni privilegiate quando fu commesso costituiva reato, sulla base dell’articolo 180 del Tuf, nel testo originario. Dopo la depenalizzazione del 2005 è stato sottratto dall’area del penalmente rilevante, ma ha conservato la sua antigiuridicità, perché la condotta già prevista come reato è oggi punita come illecito amministrativo.
A disciplinare la fase transitoria c’è la presunzione che la misura amministrativa sia più lieve di quella penale. Regola generale, che vale anche in questo caso, visto che la detenzione fino a 2 anni, la multa da 20 a 600 milioni di lire e la confisca diretta si confrontano con una sanzione pecuniaria da 100.000 euro a 15 milioni e la confisca diretta o per equivalente.
E allora toccava piuttosto alla Cassazione effettuare un confronto nel caso concreto e trarne le conclusioni senza lasciarsi condizionare dalla natura penale della confisca per equivalente per escluderne comunque un’applicazione alle violazioni passate.