Niente detrazione dell’Iva con la sovrafatturazione
Detrazione Iva dubbia in caso utilizzo di fatture recanti un importo superiore al reale, in quanto occorre verificare gli eventuali adempimenti posti in essere dall’emittente. Sono le indicazioni che emergono dalla lettura dell’ ordinanza 4344/2019 della Cassazione deposita ieri.
L’Agenzia ha contestato a un’impresa l’utilizzo di fatture recanti un importo superiore al reale, di conseguenza riteneva indetraibile parte dell’Iva. Nel corso del contenzioso la commissione di secondo grado ha annullato la pretesa in quanto, secondo i giudici, occorreva dare prevalenza all’inderogabile principio di neutralità dell’Iva. In sostanza per il collegio non si era in presenza di alcuna condotta evasiva atteso che l’erario non aveva subito alcun danno, addirittura aveva conseguito un vantaggio in virtù della sovrafatturazione. Non ricorrendo alcun indizio di condotte fraudolente da parte dei soggetti coinvolti, la rettifica operata dall’amministrazione si doveva ritenere illegittima.
Contro tale decisione ha presentato ricorso per cassazione l’Agenzia sostanzialmente lamentando che si trattava di una sovrafatturazione e cioè a dire di un particolare meccanismo fraudolento rilevante anche ai fini penali (articolo 8 del Dlgs 74/2000). Ne conseguiva che non poteva essere accordata la detrazione dell’imposta.
I giudici di legittimità hanno accolto il ricorso. Innanzitutto hanno rilevato che la sovrafatturazione è disciplinata in ambito fiscale dall’articolo 21, comma 7, del Dpr 633/1972 che, nella versione vigente al tempo, prevedeva nell’ipotesi di emissione di fatture per operazioni inesistenti ovvero di indicazione di corrispettivi delle operazioni o dell’imposta in misura superiore al reale, la debenza dell’Iva per l’intero ammontare indicato in fattura.
Il principio di neutralità dell’Iva che informa la disciplina comunitaria non è contraddetto dalla norma. Infatti, secondo la Corte di giustizia la detrazione implica indefettibilmente l’effettiva debenza dell’imposta indicata in fattura, non essendo sufficiente la mera indicazione della stessa nel documento.
Per i giudici di legittimità tale principio deve essere correlato anche ai casi in cui la sottostante inesistenza anche parziale dell’operazione indicata in fattura risulta tempestivamente e utilmente accertato delle autorità fiscali. Nell’ipotesi in cui non sia stato possibile impedire la detrazione o il rimborso da parte del cessionario destinatario della fattura falsa, la pretesa dell’ufficio nei confronti dell’emittente trova fondamento nell’esigenza di evitare il pregiudizio alle risorse finanziarie della comunità ove, alla minore imposta dovuta dalla detrazione da parte del cessionario, non corrisponda la maggiore entrata riscossa con il prelievo fiscale da parte del cedente.
Nel caso esaminato non era stato accertato dai giudici di merito l’effettività delle operazioni contestate in quanto la Commissione si era limitata a sostenere la detraibilità dell’Iva su operazioni sovrafatturate. Da qui l’accoglimento del ricorso e il rinvio al giudice di appello per l’esame di tali profili di merito della vicenda.
Cassazione, VI sezione civile, ordinanza 4344 del 14 febbraio 2019