Imposte

Operazioni straordinarie, si complica il calcolo del credito per R&S

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di Stefano Mazzocchi

Fra le questioni più delicate che possono emergere in sede di determinazione del credito d’imposta per ricerca e sviluppo per il periodo d’imposta 2017, si segnalano le modalità di calcolo dell’agevolazione in presenza di operazioni societarie straordinarie. La particolare delicatezza del tema è dettata dalla necessità di determinare con esattezza il valore della media di riferimento del triennio 2012-2014, il quale dovrà essere confrontato con gli investimenti nella ricerca rilevati nel 2017.

La questione, di grande interesse, è stata affrontata dalle Entrate nella recentissima circolare n. 10/E del 16 maggio scorso: tuttavia alcuni spunti possono essere tratti dalle circolari n. 11/E/2016 (riferita al patent box) e n. 5/E/2016 (dedicata al credito d’imposta per R&S) e soprattutto dalla circolare n. 90/E del lontano 17 ottobre 2001 (concernente la detassazione del reddito d’impresa reinvestito, che presenta analoghe modalità tecniche di determinazione dell’agevolazione in commento).

La circolare n. 11/E/2016 dedica un intero capitolo alla questione, ovvero il legame tra il regime agevolato (patent box) e le operazioni straordinarie poste in essere dal contribuente. Come è noto, l’agevolazione del patent box è conseguente e successiva agli investimenti effettuati in R&S: tanto è vero che proprio all’inizio del capitolo 13 del documento richiamato, si afferma che il patent box e le operazioni straordinarie consentono «di rendere più efficiente la gestione dell’attività di ricerca e sviluppo». In altri termini, rispetto alle operazioni straordinarie e alle agevolazioni ricollegabili agli intangibili, il principio sottostante è che «il soggetto avente causa subentri (…) sempre» nella posizione agevolata. Ed ancora: l’operazione straordinaria «permette (…) di poter godere dell’agevolazione» e - prosegue il documento di prassi - «a prescindere che l’operazione avvenga tra parti terze o nell’ambito del medesimo gruppo societario». A tal fine, le operazioni straordinarie contemplate sono la fusione, scissione, e il conferimento.

Nella circolare n. 5/E/2016, invece, l’agenzia non aveva affrontato la questione, limitandosi ad affermare il potere dell’amministrazione di sindacare le operazioni di riorganizzazione aziendale senza tuttavia disciplinare né fornire indicazioni puntuali.

Con la circolare n. 10/E/2018 è stata invece affrontata la questione facendo ricorso a quanto già interpretato nella già richiamata circolare n. 90/E/2001, concernente la detassazione degli utili reinvestiti in beni strumentali, il cui meccanismo agevolativo è esattamente identico a quanto previsto nel credito d’imposta per R&S.
I capitoli 4 del documento di prassi appena emanato e il capitolo 6 della circolare del 2001, in sintesi, prevedono che:

- in caso di fusione tra due società, «si dovrà tener conto della somma degli investimenti realizzati da entrambe le società». In tal caso, si dovrebbe aver cura di verificare se entrambe le società fossero già esistenti nell’intervallo 2012-2014: in caso di anzianità diverse di costituzione sarà necessario «fare riferimento alla società che ha iniziato l’attività prima delle altre». In entrambe le fattispecie, per ottenere la media, la somma degli investimenti dovrà essere divisa per tre o se inferiore per il numero degli esercizi di attività della società più vetusta;

- in presenza di una scissione, la società beneficiaria - sosteneva la circolare del 2001 - «dovrà considerare, ai fini del computo della media, anche i costi degli investimenti realizzati negli esercizi di riferimento della società scissa». Nel caso invece di una scissione parziale, l’agenzia riteneva che, «la società scissa dovrà considerare i costi degli investimenti sostenuti, al netto di quelli proporzionalmente riferibili al patrimonio contabile attribuito alle società beneficiarie». Tuttavia questo meccanismo molto semplice e lineare rischierebbe di stravolgere la ratio sottostante all’agevolazione in modo non coerente: si pensi ad esempio ad una società che scinde parzialmente la parte immobiliare. In questo frangente, applicando in modo rigido il meccanismo di suddivisione della media attraverso la stessa percentuale del patrimonio netto trasferito, si otterrebbe una riduzione «immotivata» del valore medio del triennio.

La soluzione adottata dalla circolare 10/E/2018 consiste, invece, nel richiamo al secondo metodo di suddivisione previsto all’articolo 173, comma 4, del Tuir, il quale prevede l’attribuzione alle beneficiarie «di posizioni soggettive connesse specificatamente o per insieme agli elementi del patrimonio scisso», i quali «seguono tali elementi presso i rispettivi titolari». Questa soluzione è decisamente più conforme alla ratio delle agevolazioni fiscali sui beni intangibili poiché, ad esempio, nel patent box i costi di ricerca devono seguire i beni immateriali conseguenti e ottenuti grazie agli investimenti effettuati in R&S.

E ancora: si pensi a una scissione parziale in cui si trasferisca nella newco un brevetto ottenuto tramite la ricerca sviluppata intra muros che consentirà successivamente di avviare il procedimento di patent box per lo sfruttamento del diritto immateriale da parte della società preesistente. In questo caso, tutti i costi allocati nella media triennale dovranno essere - per i principi di omogeneità dei valori e della tracciatura dei costi di ricerca - «sciftati» sulla società beneficiaria e decurtati dalla media triennale della società preesistente;

- in presenza, invece, di un conferimento di ramo d’azienda la vicenda è molto più complessa poiché la circolare del 2001 non prevedeva nulla mentre la fattispecie era stata affrontata nel capitolo n. 5) della circolare n. 4/2002, sempre ricollegabile alla Tremonti-bis. Nell’occasione l’agenzia affermava che «ai fini del calcolo della media, il conferitario non dovrà tener conto degli investimenti effettuati nel quinquennio precedente dal conferente», non essendoci sostanzialmente una prosecuzione di attività.

Questa affermazione, non essendo allineata a quanto contenuto nel nuovo documento di prassi (la 10/E/2018), ci consente di svolgere alcune riflessioni:

a) nella circolare da ultimo citata, a parere dell’agenzia devono «considerarsi neo costituiti solo i soggetti in capo ai quali si verifichi l’effettivo avvio di una nuova attività imprenditoriale». In sostanza, le newco create a seguito di conferimento che proseguano le attività già svolte in precedenza “ereditano” i valori degli investimenti triennali del periodo 2012-2014. Tuttavia si nota che avendo posto l’attenzione sull’attività imprenditoriale è fondamentale che vi sia la prosecuzione in continuità dell’attività sociale, tralasciando invece completamente l’oggetto della ricerca. Questo significherebbe che la stessa ricerca o la sua prosecuzione svolta per un’attività d’impresa diversa non sarebbe gravata dalla media degli investimenti effettuati in R&S, nel caso in cui si addivenisse ad un conferimento d’azienda. In questa operazione straordinaria non esisterebbe, quindi, una connessione temporale con gli investimenti effettuati in precedenza. Ergo per la R&S rilevata nel triennio 2012-2014 da parte della conferente, non è necessario effettuare alcuna operazione né di traslazione né di ragguaglio sulla posizione della conferitaria, a condizione che l’attività economica aziendale sia diversa da quella precedentemente svolta;

b) nell’ambito di questa interpretazione, l’agenzia afferma - sempre nella circolare 10/E/2018 - che il monitoraggio effettuato per le operazioni di scissione o di conferimento, potrebbe aversi nelle operazioni di cessione o di affitto d’azienda. Tuttavia, mentre sulla cessione d’azienda nulla quaestio, molti dubbi sorgono sull’affitto d’azienda. Una per tutte: al termine dell’affitto, magari extra perimetro di gruppo, gli investimenti in R&S ed i suoi risultati possono ritornare dall’affittuario all’affittante. Quindi non si comprende quale potrebbe essere l’intento “elusivo”.

La circolare 10/E/2018

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