Imposte

Per i privati e le società semplici scatta la plusvalenza

di Giorgio Gavelli

Lo stesso corrispettivo che per le imprese viene qualificato come «ricavo», laddove percepito da una persona fisica, da una società semplice o da un ente non commerciale non operante nell’esercizio dell’impresa, costituisce una plusvalenza, da ricondurre a tassazione come «reddito diverso».

In caso di costituzione/cessione del diritto di superficie o di usufrutto si applica, in primo luogo, l’articolo 9, comma 5, del Tuir, secondo cui le disposizioni relative alle cessioni valgono anche per gli atti a titolo oneroso che comportano costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento. Conseguentemente, l’imposizione del corrispettivo derivante dalla cessione del diritto si ricava dall’articolo 67, comma 1, lettera b), del Tuir, non distinguendo tra cessione “a termine” o definitiva, ma solo in relazione alla natura del bene (terreno agricolo, edificabile o fabbricato) su cui viene costituito il diritto (nota di comportamento Adc 183/2012). Per cui, se si tratta di un fondo agricolo (e, secondo l’Agenzia, il terreno resta tale anche con «l’autorizzazione unica» prevista per la costruzione dell’impianto fotovoltaico, risoluzione 112/E/2009), non vi è plusvalenza se il fondo è stato acquistato da almeno cinque anni (anche eventualmente dal donante) ovvero è stato ereditato.

Se si tratta di area edificabile, la plusvalenza è sempre imponibile (a tassazione separata salvo diversa scelta). Mentre se il diritto di superficie riguarda il lastrico, rileva se l’immobile sottostante è stato acquistato o costruito (anche dal donante) da oltre cinque anni, se è pervenuto per successione o ha costituito, per la maggior parte del periodo di possesso, abitazione principale del cedente: tutti casi in cui la plusvalenza non è imponibile.

In un primo momento l’Agenzia aveva assunto una posizione differente (circolare 36/E/2013), riconoscendo il trattamento appena descritto solo nei casi (rari) in cui il cedente aveva a sua volta acquistato singolarmente il diritto separato dalla proprietà. Diversamente, il corrispettivo della cessione avrebbe dovuto essere qualificato quale reddito diverso derivante dall’assunzione di «obblighi di fare, non fare e permettere» (articolo 67, comma 1, lettera l, Tuir) che non distingue la tassazione sulla base dell’immobile a cui il diritto fa riferimento. Tale posizione (smentita dalla Cassazione con le sentenze 15333/2014 e 14847/2018 e dalla Ctp Reggio Emilia 222/2/2017) è stata superata con la circolare 6/E/2018, che ha riconosciuto come infondata la tesi che distingueva la tassazione in base all’origine del diritto ceduto/costituito, riconducendo tutte le fattispecie a quella produttiva di plusvalenza.

È stato anche confermato che, laddove la cessione risulti imponibile, la plusvalenza si calcola sottraendo dal corrispettivo tutti i costi sostenuti, compreso quello del diritto di superficie “insito” nel diritto di proprietà a suo tempo acquisito, determinato (in mancanza di costi specifici) in misura proporzionale al rapporto esistente tra diritto reale e piena proprietà al momento della cessione (risoluzione 379/E/2008).

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