Controlli e liti

Per il Registro una definizione a rischio

di Laura Ambrosi

A rischio la definizione degli atti di liquidazione del registro impugnati che non prevedono le sanzioni, che sono invece irrogate nelle successive cartelle di pagamento.

È quanto sembra emergere dall'interpretazione di alcuni uffici dell'Agenza delle Entrate che rischia di vanificare in molti casi la definizione delle liti per gli atti di liquidazione del registro.

In tali atti che interessano le imposte di registro, ipotecarie e catastali normalmente non sono irrogate le sanzioni.

Esse vengono pretese solo successivamente con la cartella di pagamento perché relative all'omesso versamento delle imposte contenute nell'atto.

In caso di impugnazione dell'avviso di liquidazione, il contribuente di fatto ricorre avverso i contenuti di tale atto, contestando così solo implicitamente le successive sanzioni irrogate con la cartella.

Ed infatti in caso accoglimento del ricorso relativo all'imposta di registro, ipotecaria e catastale (contenute nell'avviso di liquidazione) l'Ufficio provvede allo sgravio anche delle sanzioni per omesso versamento riportate solo nella cartella di pagamento.

La norma sulla definizione delle liti pendenti circoscrive l'oggetto della “sanatoria” nell'atto impugnato, che a rigore, nei casi dell'imposta di registro, si individuerebbe nell'avviso di liquidazione privo di sanzioni.

Secondo alcuni uffici, da un'interpretazione letterale della norma sarebbero escluse dal beneficio le sanzioni previste nella cartella perché di fatto si tratta di un atto non impugnato per il quale non è pendente uno specifico giudizio.

Il provvedimento e le istruzioni rese note dall'Agenzia al riguardo non forniscono specifiche indicazioni.

L'Agenzia, infatti, si limita a ribadire che l'importo lordo dovuto per la definizione, risulta dal totale degli importi “richiesti con l'atto impugnato”.

Sono espressamente esclusi le sanzioni collegate ai tributi, gli interessi di mora di cui all'articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 e gli importi che “eventualmente non formano oggetto della materia del contendere nella controversia pendente”.

A chiarimento di quest'ultima locuzione, le istruzioni fanno riferimento soltanto ai casi di contestazione parziale dell'atto impugnato, di giudicato interno, di parziale annullamento in autotutela dell'atto impugnato.

Va da sé che ove le sanzioni relative all'imposta di registro vengano ricondotte comunque a quelle “collegate” al tributo, ancorchè non indicate nell'atto impugnato ma in quello consequenziale (cartella di pagamento), la definizione riguarderebbe anche dette sanzioni.

Al contrario, ove si rilevasse che non sono state oggetto di specifica contestazione esse resterebbero escluse.

In questa seconda ipotesi la definizione delle liti non avrebbe probabilmente alcun senso, atteso che il contribuente dovrebbe versare esattamente quanto risultante in caso di soccombenza totale risparmiando solo una parte degli interessi.

Vi è da sperare che l'Agenzia fornisca al riguardo un'interpretazione basata anche sul buon senso.

Basti pensare che nei casi in cui il ricorso relativo all'imposta di registro viene accolto, l'Ufficio, giustamente, provvede all'annullamento anche delle sanzioni

Da evidenziare ancora che anche i successivi interessi, maturati dopo l'emissione di qualunque provvedimento impositivo, vengono inseriti per la prima volta in una cartella di pagamento, ma non si è mai dubitato sul fatto che tale cartella debba essere autonomamente impugnata, tanto meno che detti interessi non rientrino nella definizione delle liti.

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