Prodotti non cedibili tra «retisti» agricoli
Nel contratto di rete agricola i partecipanti dichiarano una percentuale del reddito agrario del terreno coltivato in comune. Lo precisa la risoluzione dell’agenzia delle Entrate 75/E di ieri secondo cui questa fattispecie, rientra nell’articolo 33 del Dpr 917/86. La risoluzione di fatto riproduce la risposta alla consulenza giuridica del 5 aprile 2017 fornita alle Associazioni di categoria (si veda Il Sole 24 Ore del 6 aprile).
In base al contratto di rete, introdotto dall’articolo 3, comma 4-ter, del Dl 5/2009, più imprenditori si impegnano a collaborare al fine di accrescere, sia individualmente che collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato. Successivamente l’articolo 1 bis, comma 3, del Dl 91/2014 ha esteso i benefici di questo contratto alle attività agricole esercitate in comune fra i contraenti, con la precisazione che la produzione ottenuta si considera come propria (a titolo originario).
La risoluzione 75 precisa, fra l’altro, che il prodotto deve essere suddiviso fra i partecipanti in maniera proporzionale al valore degli apporti che ciascun retista ha effettuato per la realizzazione degli obiettivi comuni e che i prodotti oggetto di divisione non vengano successivamente ceduti tra i retisti, dal momento che la ratio di tale tipologia di contratto consiste nell’ottenimento della produzione da immettere sul mercato. Tale divieto, tuttavia, appare eccessivo in quanto una volta ottenuto il prodotto, ad esempio le uve dai vigneti coltivati in comune, non si comprende perché un retista non possano cedere il prodotto a un altro retista, che magari dispone della cantina per la trasformazione delle uve in vino.
La parte di prodotto ritirato da ogni retista, essendo a titolo originario, non determina alcuna operazione rilevante ai fini Iva e ciascuno fatturerà la sua parte al cliente finale. Nemmeno le prestazioni incrociate che i retisti hanno svolto nei fondi agricoli generano prestazioni di servizi da assoggettare ad Iva.
La normativa prevede due tipologie di contratti: la rete contratto e la rete soggetto. La seconda assume una autonoma natura e soggettività passiva ai fini fiscali, mentre la prima non modifica la soggettività tributaria dei contraenti, i quali pertanto mantengono la totale autonomia. Nel settore agricolo, la rete soggetto è poco conveniente in quanto vi sono altre strutture giuridiche (come ad esempio le cooperative) che sono meglio regolate normativamente e destinatarie di agevolazioni fiscali non previste invece per la rete soggetto.
Nella rete contratto, l’assenza della soggettività giuridica comporta anche una assenza di soggettività fiscale, pertanto gli atti posti in essere dalla rete producono i loro effetti in capo ai singoli partecipanti.
Si ricorda, infine, che il contratto di rete deve essere redatto per atto pubblico o scrittura privata autenticata oppure mediante atto firmato digitalmente da ciascun imprenditore o legale rappresentante delle imprese aderenti, attraverso il modello standard tipizzato reso disponibile dal ministero.