Controlli e liti

Sanatoria possibile per i Pvc che contengono più violazioni

di Laura Ambrosi

Dopo la circolare 7 del 9 aprile con cui l’Agenzia ha chiarito alcuni aspetti della definizione dei Pvc, permangono dubbi sulle conseguenze di un eventuale diniego.

Diversamente dalle altre sanatorie, infatti, l’articolo 1 del decreto legge 119/18 non disciplina l’impugnazione dell’eventuale diniego alla definizione, limitandosi a prevedere che, in caso di mancato perfezionamento, non si producono i benefici previsti dall’istituto agevolativo e il competente ufficio procederà alla notifica degli atti relativi alle violazioni constatate.

Le perplessità riguardano sostanzialmente due circostanze.

Nella circolare, a titolo esemplificativo, sono individuate alcune violazioni che non possono essere oggetto di definizione nonostante siano contestate nel Pvc. È il caso dell’imposta di registro, sugli intrattenimenti o della sanzione legata alle fatture per operazioni inesistenti. Non viene però esaminata l’ipotesi in cui dette violazioni siano contestate unitamente ad altre definibili. Si evidenzia soltanto che la definizione deve riguardare la totalità delle violazioni presenti all’interno del Pvc «al netto di quelle che hanno costituito causa preclusiva e di quelle già definite».

Adottando un’interpretazione di buon senso, dovrebbe concludersi che il contribuente possa comunque accedere alla sanatoria regolarizzando solo le violazioni definibili, ed escludendo le altre. Ne consegue che l’Ufficio notificherà uno o più provvedimenti per il recupero delle imposte/sanzioni non regolarizzate. Tuttavia se l’atto impositivo è stato già notificato (prima della definizione del Pvc) esso includerà tutte le violazioni e quindi occorre comprendere come saranno espunte quelle oggetto di definizione onde consentire all’interessato di usufruire dell’acquiescenza o di intraprendere il contenzioso per i rilievi non definibili.

Un altro aspetto particolarmente delicato riguarda la tutela del contribuente dinanzi alla notifica di una comunicazione/provvedimento di mancato perfezionamento della procedura. La questione riguarda sostanzialmente tutte le ipotesi in cui l’Agenzia ha notificato dopo il 24 ottobre 2018 un avviso di accertamento. In ipotesi di perfezionamento gli atti impositivi sono inefficaci, i dubbi invece sorgono in caso di mancato perfezionamento. L’accertamento notificato, infatti, nelle more della notifica del diniego, è sicuramente divenuto definitivo. Secondo la circolare in caso di mancato perfezionamento le eventuali attività di controllo effettuate successivamente al 24 ottobre 2018 restano efficaci e, di conseguenza, i rispettivi procedimenti amministrativi avviati verranno gestiti dagli uffici con le modalità ordinarie. Sembra pertanto, che l’atto notificato se divenuto definitivo produrrà i conseguenti effetti (non impugnabilità e riscossione coattiva). Così il contribuente, da un lato, si vede rigettare la definizione del verbale e, dall’altro, può solo prendere atto che il conseguente accertamento è divenuto definitivo. Sarebbe stato auspicabile, prevedere l’impugnabilità del diniego unitamente all’accertamento notificato (e scaduto) così da assicurare al contribuente la difesa o comunquela possibilità di prestare acquiescenza all’atto (riducendo le sanzioni).

In caso di conferma di tale interpretazione e in assenza di una specifica norma, il contribuente, prudenzialmente, almeno per le definizioni che presentano dubbi sul loro perfezionamento dovrebbe impugnare il provvedimento ed eventualmente chiedere il rinvio del giudizio fino alla conferma dell’avvenuta sanatoria.

Agenzia delle Entrate, circolare 7/E/2019

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