Start up con la chance dell’utilizzo delle perdite
La moltiplicazione delle start up nel panorama economico italiano comporta un’analisi approfondita anche degli aspetti fiscali in merito alla piena utilizzabilità delle agevolazioni tributarie nonché delle perdite che si verificano soprattutto nei primi anni di attività. Per gli investitori, il legislatore ha previsto un’agevolazione mirata di natura fiscale particolarmente rilevante: sugli investimenti effettuati nell’equity è prevista per i soggetti Ires una deduzione pari al 30% (40% dal 2019 previa autorizzazione europea) sull’ammontare di quanto versato, mentre per i soggetti Irpef l’agevolazione consiste in una detrazione d’imposta, pari anche in questo caso al 30% del versato (40% dal 2019 e comunque previo consenso da parte dell’Unione europea). Tale investimento dev’essere detenuto, per non decadere dall’agevolazione, per almeno tre anni. Il beneficio in esame, unitamente alle perdite che potenzialmente si possono generare e alle possibili svalutazioni/perdite delle partecipazioni detenute dagli investitori, può costituire un mix “fiscale” di parziale ritorno economico dell’investimento effettuato nella start up. Si analizzeranno quindi le singole agevolazioni e il mix delle stesse in uno slalom normativo ad hoc sulle start up.
L’ammortamento dei beni immateriali
Nelle start up, come già scritto, si pone il problema relativamente ai primi esercizi della gestione civilistica e fiscale delle perdite che il più delle volte sono strettamente connesse alla mancanza da un lato di componenti positivi e dall’altro di ammortamenti, specie degli intangibili sviluppati, particolarmente rilevanti rispetto ai ricavi. In tale contesto economico una start up ha come core l’investimento in beni immateriali i quali consentiranno successivamente all’azienda di ottenere dei ricavi. È fondamentale quindi comprendere come e quando debbano iniziare - in base ai principi contabili e alla normativa fiscale – gli ammortamenti dei beni immateriali, con particolare riguardo anche alle spese di sviluppo. A tal proposito, occorre distinguere fra beni immateriali costruiti in economia e beni immateriali acquisiti da terzi. Nel primo caso, l’Oic 24 prevede che l’ammortamento debba iniziare nel momento in cui il progetto sia completato o sia possibile acquisire formalmente la piena titolarità. Relativamente, invece, ai beni immateriali acquisiti da terzi, l’ammortamento decorre dal momento in cui si diviene titolari giuridici dell’intangibile. In via residuale, si ricorda che per gli ammortamenti all’articolo 108 del Tuir, per le imprese di nuova costituzione, la deducibilità fiscale decorre dall’esercizio in cui si conseguono i primi ricavi. Viceversa, relativamente invece agli ammortamenti all’articolo 103 del Tuir, la decorrenza dell’ammortamento è sganciata dall’ottenimento dei primi ricavi di esercizio da parte della start up.
Il riporto delle perdite
Passando ora ad analizzare le modalità di riporto delle perdite maturate da una start up, l’articolo 84 del Tuir prevede in linea generale l’impiego “full size” per quelle maturate nei primi tre periodi d’imposta fino a concorrenza del reddito imponibile. Inoltre, come specificato anche nella circolare 25/E/2012, non vi è alcuna priorità di impiego fra quelle maturate nei primi esercizi e quelle ottenute nei periodi successivi al terzo. Si precisa che alle start up non si applicano le norme sulle società non operative e su quelle in perdita sistematica, fin tanto che, in linea generale, si confermi il requisito di start up. Tuttavia è evidente che molto spesso queste perdite non sono impiegate a breve termine poiché i risultati economici positivi con i quali compensare le perdite sono possibili a medio e/o lungo termine.
La trasparenza fiscale della partecipazione in una start up
Una possibile alternativa al mancato utilizzo delle perdite fiscali, è rappresentata dalla possibilità di adottare per la società partecipata (ovvero la start up) il meccanismo della trasparenza fiscale agli articoli 115 e 116 del Tuir. Il meccanismo previsto per la trasparenza, sempreché questo regime opzionale sia adottabile dai soci, potrebbe risultare particolarmente interessante per compensare i redditi dei singoli soci. Tuttavia è bene ricordare che ai fini dell’adozione del presente regime fiscale, i soci devono essere qualitativamente omogenei fra di loro ovvero devono alternativamente prevedere tutte persone fisiche o solo persone giuridiche. Questo significa che già al momento della costituzione della start up sarebbe opportuno valutare questa possibilità che certamente potrebbe – grazie al meccanismo del riporto e dell’impiego delle perdite – calmierare il rischio dell’investimento da effettuarsi nella start up.
L’opzione per la trasparenza fiscale
Nella circolare n. 16/E del 11 giugno 2014, l’Agenzia ha affrontato la questione al paragrafo n. 6.5.4), individuando e risolvendo alcune questioni sull’agevolazione spettante alle persone o alla società che partecipino alle start up. La principale questione risolta dalla circolare è connessa alle modalità di impiego e di utilizzo della deduzione fiscale spettante in rapporto all’investimento effettuato che «non può generare o incrementare una perdita fiscale» ma altresì prevede che «la possibilità di riportare in avanti la deduzione non utilizzata per incapienza del reddito complessivo, nei periodi d’imposta successivi, ma non oltre il terzo, fino a concorrenza del suo ammontare» (paragrafo 6.5.2 della circolare 16/E del 2014). Nel caso di specie quindi «la società partecipata attribuisce l’eventuale eccedenza a ciascun socio, a titolo definitivo, che può portarla in deduzione dal proprio reddito complessivo, anche nel caso in cui il socio è un soggetto Irpef, in misura proporzionale alla propria quota di partecipazione agli utili». Come si evince anche dal testo del documento di prassi poc’anzi citato, emerge con chiarezza che l’agevolazione non ha i connotati di un componente positivo reddituale e pertanto non trovano applicazione le disposizioni contenute negli articoli 56, comma 2, 61, comma 1, e 109, comma 5, del Tuir.
Il reinvestimento della plusvalenza
All’interno del reddito imponibile delle start up, trovano piena applicazione anche le nuove norme contenute nel decreto crescita (Dl 34/2019) ed in particolare l’articolo 4 che introduce delle modifiche alla disciplina del patent box. In questa sede interessa far notare che la contemporanea adozione da parte delle start up del regime di autodeterminazione del patent box previsto all’articolo 4 del decreto crescita permette anche l’adozione del regime di esenzione delle plusvalenze derivanti dalla cessione degli stessi intangibili che usufruiscono del regime agevolativo in commento. Questo permetterebbe, specie nell’ambito delle start up, un utilizzo mirato al contenimento delle plusvalenze derivanti dallo sviluppo degli intangibili, con la possibilità di far utilizzare sia le perdite sia la deduzione degli investimenti direttamente in capo ai soci mediante l’utilizzo del principio della trasparenza fiscale.
La cessione delle perdite
Una peculiarità delle start up consiste nella possibilità di monetizzare le perdite riportate nei primi tre esercizi, cedendole dietro corrispettivo a società quotate (società sponsor) che detengano almeno il 20% del capitale sociale. Questa peculiarità è incompatibile con i regime di trasparenza fiscale e si pone in alternativa a quanto prima rappresentato.
La deduzione al 50%
Nella legge di bilancio 2019 (legge 145/2018), l’articolo 1, comma 218, prevede una importante agevolazione che consiste nell’incremento ulteriore della deduzione al 50% dell’investimento effettuato ma a condizione che sia acquisito l’intero capitale sociale della start up. Questa agevolazione è limitata alle operazioni realizzate nel solo 2019 e solo se poste in essere da soggetti passivi a fini Ires. Questo rafforza ulteriormente il ventaglio di possibilità ricollegabili all’impiego delle deduzioni per le start up.