Sui redditi di imprese e professionisti statistiche ancora lontane dalla realtà
Il quadro generale che emerge dall’analisi dei dati delle dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche presentate nel 2017, riferite all’anno di imposta 2016, è quello di un Paese con forti diseguaglianze sia di tipo territoriale che di tipo sociale. La riflessione da fare su questi dati statistici è quella sul grado di attendibilità che possono offrire in un’analisi puntuale sulla reale distribuzione del reddito tra i cittadini. Anzitutto si deve ricordare che alcuni redditi (la quasi totalità di quelli di capitale e una certa percentuale di quelli da fabbricati) sono assoggettati ad imposte sostitutive e, pertanto, non rientrano negli indicatori Irpef emergenti dalle dichiarazioni. Inoltre, alcune distorsioni rispetto al dato reale possono prodursi per effetto dell’ampliamento della platea dei soggetti che possono accedere al regime forfetario. La fuoriuscita dalla tassazione ordinaria di imprenditori e lavoratori autonomi di piccole dimensioni potrebbe aver determinato un divario fra redditi realmente conseguiti e quelli assoggettati a tassazione. Esistono, poi, delle profonde differenze territoriali nel contesto economico di riferimento e questo, inevitabilmente, si riflette sulla produzione del reddito. Nelle regioni del Sud gli importi dichiarati restano molto distanti dalla media nazionale e continuano a crescere più lentamente rispetto alle altre regioni italiane. C’è poi da tener conto degli effetti della crisi congiunturale degli ultimi anni che, anche a causa della flessione dei consumi, ha colpito in misura diversa e non uniforme i contribuenti appartenenti alle varie categorie reddituali. In alcuni comparti imprenditoriali, peraltro, l’avvento delle nuove tecnologie e il rapido diffondersi delle abitudini d’acquisto tramite i canali del web sta letteralmente spazzando via molti operatori, costringendo chi cerca di resistere a ridurre i margini e a moltiplicare i costi per non essere totalmente emarginato dal mercato.
Fatte queste doverose premesse, resta da considerare, nonostante gli sforzi degli ultimi anni, il divario fra i redditi reali e quelli dichiarati. L’evasione fiscale è un fenomeno che, anche a causa della crisi, ha mantenuto un elevato grado di diffusione fra i contribuenti e, se ci limitiamo all’Irpef, la misurazione più consistente riguarda le categorie dei lavoratori autonomi e degli imprenditori. Su questo tema una riflessione andrebbe fatta per valutare la relazione fra fedeltà fiscale e scarse probabilità di accertamento conseguenti all’uniformità con i parametri degli studi di settore. Il timore è che, anche con il superamento di questo sistema e l’attivazione degli altri indici di compliance (Isa), non si elimini il problema. Nel futuro, dunque, luci e ombre: nel contratto di governo la riduzione dell’evasione fiscale è affidata solo alla “quasi” flat tax. Ma si prevede anche una riduzione degli accertamenti presuntivi e un provvedimento «salda e stralcia». Sembra mancare totalmente l’attenzione al recupero di efficienza dell’amministrazione fiscale e alla riduzione delle forti disuguaglianze, aumentate anche a causa delle sperequazioni nella distribuzione dei redditi che non riescono ad essere corrette dal sistema fiscale.