Trust trasparente a confini incerti
La Commissione tributaria di secondo grado di Trento, con sentenza 104/2/2017 depositata il 9 ottobre scorso (presidente Biasi, relatore Chiettini), interviene sulla nozione di «beneficiari individuati» rilevante ai fini della tassazione per trasparenza dei trust, e lo fa giungendo a conclusioni che stridono con la consolidata prassi delle Entrate.
L’Agenzia ha sempre posto l’accento sul diritto del beneficiario a pretendere il pagamento di somme dal trustee e sulla considerazione che, in assenza di tale diritto, non sussistono i presupposti per qualificare il trust come fiscalmente trasparente; indipendentemente dal fatto che poi, in concreto, il trustee discrezionalmente assegni al beneficiario le somme. È infatti necessario che «il beneficiario non solo sia puntualmente individuato, ma che risulti titolare del diritto di pretendere dal trustee l’assegnazione di quella parte di reddito che gli viene imputata per trasparenza» (circolari 48/E/2007 e 61/E/2010): «Se il trustee ha il potere di scegliere se, quando, in che misura o a chi attribuire il reddito del trust, tale discrezionalità fa venir meno l’automatismo che è il presupposto dell’imputazione per trasparenza, indipendentemente dall’effettiva percezione, in capo al beneficiario» (risoluzione 425/E/2008).
Secondo la Ctr di Trento, al contrario, l’indicazione del beneficiario nell’atto di trust e la discrezionalità lasciata al trustee per quanto concerne il quantum debeatur e la periodicità dei versamenti sono elementi idonei a far scattare la trasparenza fiscale del trust. Secondo i giudici trentini, in particolare, un tale trust è al contempo opaco e trasparente in considerazione del comportamento concretamente tenuto dal trustee in ciascun periodo d’imposta: sulla parte accantonata il trust è fiscalmente opaco, mentre sulla parte assegnata al beneficiario il trust è fiscalmente trasparente. La differenza non è di poco conto, specie se si tratta di trust non residenti in Italia che non conseguono redditi prodotti in Italia in base agli articoli 23 e 151 e seguenti del Tuir.
Il caso riguardava per l’appunto un trust discrezionale costituito negli Stati Uniti, trustee fiscalmente residente negli Stati Uniti e beneficiario fiscalmente residente in Italia. L’atto di trust prevedeva che fosse il trustee a decidere periodicamente quanta parte delle rendite versare a favore del beneficiario a seconda delle sue necessità, e che gli eventuali redditi netti non assegnati al beneficiario fossero impiegati per integrare il capitale del trust.
Ebbene, secondo la Commissione un tale trust è al contempo opaco e trasparente ai fini fiscali (cosiddetto “trust misto”), nel senso che per le rendite accantonate il trust è fiscalmente opaco, mentre per le rendite assegnate al beneficiario il trust è fiscalmente trasparente.
Seguendo le indicazioni di prassi dell’Agenzia, invece, un tale trust sarebbe fiscalmente opaco, posto che il beneficiario non ha alcun diritto a pretendere dal trustee l’assegnazione di somme. Secondo l’Agenzia, un trust potrebbe dirsi misto soltanto se il suo atto istitutivo prevedesse che «parte del reddito del trust sia accantonata a capitale (rectius sia destinata a incremento del relativo fondo di dotazione) e parte sia, invece, attribuita ai beneficiari» (risoluzione 81/E/2008) e non quando tale scelta è rimessa alle valutazioni discrezionali del trustee.
Ct II gr. Trento, sentenza 104/2/2017